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Arzano, camorra & clan Moccia: dalle indagini del Ros la guerra (perdente) contro il clan della 167

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Arzano – Affari & clan: dalle indagini del Ros la guerra (perdente) contro il clan della 167. I fraulesi” cacciati da Arzano” dopo essere stati indeboliti da arresti e indagini dei carabinieri della locale tenenza che coinvolsero consiglieri e assessori.

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In alcune delle 1983 pagine dell’ordinanza relativa al maxi blitz contro il clan Moccia riguardano anche i referenti della cosca afragolese ad Arzano e soprattutto la “guerra” contro il clan della 167, ramificazione degli “Amato-Pagano”, che li ha visti soccombere.

Dopo l’aggressione a Pasquale Del Prete (nella foto) ci fu un tentativo del gruppo guidato da Domenico Cimini (nella foto) di riconquistare il territorio. Addirittura, con il supporto dei gruppi di Afragola e Casoria, ci fu una “stesa” per le strade di Arzano e dentro il rione a bordo di motociclette ed armati.

Ma l’intervento non sortì gli effetti sperati contro il clan della 167 di Arzano, al punto che uno dei fedelissimi del ras Cimini, Raffaele Russo, detto “Lello cartolandia” ( nella foto) il 26 ottobre 2017 veniva ferito mortalmente all’uscita del carcere di Secondigliano. Proprio Cimini, da quello che emerge nelle intercettazioni tra affiliati, resosi conto dell’impresa difficile, ad un certo punto “consiglio’” a Raffaele Russo di girare armato e, addirittura, di trasgredire agli obblighi di legge per tornare subito in carcere e mettersi in sicurezza.

Ma i killer del clan della 167 non gli diedero scampo e lo ammazzarono. Quell’omicidio, di cui ancora non si conoscono gli autori, segnerà la definitiva sconfitta e cacciata dei Moccia da Arzano. A guidare in quella fase il clan della 167 c’erano Pietro e Pasquale Cristiano, rispettivamente padre e figlio. Si tratta dei due ras che a loro volta sono stati cacciati di recente da Arzano dopo la faida interna con il gruppo del presunto ras Giuseppe Monfregolo, con l’escalation criminale a colpi di bombe, stese, agguati che hanno fatto seguito alla morte di Salvatore Petrillo, referente dei Cristiano, ucciso lo scorso ottobre nel Roxy Bar.

Tra gli indagati anche Pasquale Del Prete, 49 anni, di arzano, detto “pasquale o’ zuopp”, ritenuto dagli inquirenti uno degli affiliati al clan Moccia e in stretti rapporti con Domenico Cimini o’prevete e ritenuto uomo scaltro e fidato, è stato per anni gestore di un garage autorimessa nei pressi del cimitero consortile sorto su un’area pubblica vincolata.

La gestione da parte del clan di questo garage, passata per anni nel generale silenzio della politica arzanese, è stata anche parte integrante delle accuse dello stato nei due primi scioglimenti per camorra del comune di Arzano. La scoperta avvenne a seguito delle indagini della locale tenenza dei carabinieri che permise di debellare l’ala stragista del clan con l’arresto di 13 esponenti dei Moccia (tutti condannati) e lo scioglimento dell’ente nel 2008 a causa dell’accertamento di reiterati rapporti tra politici e gli afragolesi.

Nell’ordinanza che ha decretato il maxi blitz, si parla anche dell’aggressione fisica ai danni di Pasquale Del Prete, legato al capozona dell’epoca Domenico Cimini per costringerlo a lasciare Arzano. L’episodio si inquadra in un periodo successivo all’omicidio di Ciro Casone, avvenuto nel centro estetico di via Luigi Rocco nel 2014 (dove perse la vita anche una vittima innocente: Vincenzo Ferrante), in quel momento referente dei Moccia in città.

La città di Arzano è stata per anni un proficuo “bancomat” in ambito della lucrosa attività criminale del racket delle estorsioni gestita dalla cosca afragolese e degli appalti. Il clan Moccia fino al 2014 è stato per qualche decennio il clan egemone, nonostante la presenza di altre famiglie e gruppi legati all’Alleanza di Secondigliano, ai Di Lauro e poi agli ”Amato-Pagano”, i cosiddetti “scissionisti”.

Sono stati, tra l’altro, anche parte integrante delle infiltrazioni e condizionamenti della camorra in ambito comunale come sancito dai due primi scioglimenti dell’ente e dalle relative sentenze a Tar e Consiglio di Stato che certificarono gli stretti rapporti esistenti tra consiglieri comunali, assessori e faccendieri con la cosca. Nelle pagine a corollario dell’ordinanza cautelare che ha decapitato il clan ci sono diverse vicende che portano ad Arzano ed ai suoi referenti. (g.m.)


Articolo pubblicato il giorno 22 Aprile 2022 - 15:20


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