Brama/foto dal web
“Brama” di Ilaria Palomba è un romanzo amaro, crudo e drammatico, impregnato di attaccamento alla vita e di pulsione di morte, che consapevolmente colpisce il lettore dove fa più male.
Con una scrittura che si può definire chirurgica, l’autrice seziona i pensieri della sua protagonista senza anestesia, li scava, li eviscera, li rende materia inerte per poi riportarli in vita, trasfigurandoli.
È un’opera che mette in scena il violento balletto tra amore e follia, tra costruzione e decostruzione, in cui i due ballerini, Bianca e Carlo, si muovono a scatti, a volte sgraziati, ipnotizzati da una musica dissonante che li distrae dai loro ruoli, che li confonde fatalmente trasformandoli da danzatori in combattenti su un ring.
Bianca è l’istinto, è il simbolo della brama del piacere e del possesso che non riesce a saziarsi mai, anzi, che si esaurisce nella tragedia dell’impossibilità; Carlo è il sapere, l’arroganza del filosofo che pensa di aver compreso il gioco della vita. Il loro incontro è deflagrante, ed è consumato nel dolore: per Bianca lui è il mentore che non è mai stato il suo inarrivabile padre ma diventa presto altro, qualcosa che somiglia a una tortura deliziosa; lei è l’incognita, la scheggia impazzita, il fragile vaso già caduto in pezzi e incollato malamente.
L’autrice narra una vicenda che toglie il fiato con la sua densa oscurità ma che apre anche improvvisi squarci di luce; è un viaggio caleidoscopico nella vita presente, nei ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza e nelle visioni allucinate della protagonista, nel suo equilibrio precario sull’abisso.
Bianca è una giovane donna spezzata, frammentata, smarrita, autolesionista, alienata e rabbiosa, che entra ed esce da crisi depressive che sfociano in tentativi di suicidio; è una creatura complicata nella cui mente il senso del vivere e quello del morire si confondono.
L’autrice lancia al lettore una sfida mediante un flusso di coscienza crudo, lucido e a tratti spaventoso; un’autoanalisi spietata che si placa solo quando parla di ciò che acquieta la sua anima: la letteratura, la filosofia, la musica classica. Sono confortanti punti di vista da cui osservare il mondo, sempre più freddo e arido ai suoi occhi; sono materie plasmabili con cui cerca di riempire quel vuoto che ha dentro, e che l’indifferente Carlo Brama le ha scavato con pazienza, mentre lei lo lasciava fare, ossessionata da lui e dalla sua intellettualità.
Questo romanzo rimane incastrato nell’anima e Bianca diventa un tormentato fantasma che ci fa compagnia; lei, vittima e insieme carnefice dalla fragilità fagocitante, che distrugge sé stessa mentre brama di essere integra, mentre tenta di costruire dighe intorno al suo io liquido.
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