Quando nell’aprile del 2016 si era reso conto che due pentiti di camorra avevano mosso accuse nei suoi confronti, l’avvocato fece richiesta di essere interrogatorio e per tre ore racconto’ la sua versione dei fatti, per replicare a quelle dichiarazioni che erano state allegate agli atti di un’inchiesta per traffico di droga. Lo studio fu anche perquisito nel giorno del maxi-blitz che porto’ a oltre 100 arresti. Il penalista del foro di Napoli, secondo la procura, avrebbe fatto da tramite tra il boss Eduardo Contini, detenuto in regime di carcere duro, e i suoi referenti in liberta’.
Per questa contestazione i pm avevano chiesto una misura cautelare per il legale, ma il gip della decima sezione penale del Tribunale di Napoli aveva respinto la richiesta per carenza della gravita’ indiziaria. L’assunto della procura si poggiava sulle dichiarazioni dei pentiti Giuseppe De Rosa e del figlio Teodoro, e di Pasquale Orefice, dichiarazioni puntellate da alcune immagini e da alcune intercettazioni avvenute durante i colloqui intercorsi in carcere tra Chiummariello e il boss.
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