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Napoli. “Amnistia o indulto per certi versi rappresentano una sconfitta dello Stato, ma non c’è dubbio che, alla luce delle vergognose condizioni delle carceri italiane e campane, un atto di clemenza sia necessario”. Lo ha dichiarato Raffaele Marino, sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Napoli, in un’intervista al quotidiano “Il Riformista”.
L’amnistia, spiega Marino, “è preferibile perché estingue il reato e porta alla chiusura dei procedimenti in corso”, mentre l’indulto “implica la celebrazione del processo perché si calcola sulla base della pena applicata in concreto o sul residuo che il detenuto deve scontare. Un atto di clemenza è indispensabile perché le prigioni versano in condizioni indecenti così come appare necessario allestire strutture idonee per la prevenzione e la cura del Covid per i detenuti”. Marino riconosce che “quando si approva un simile provvedimento lo Stato riconosce l’incapacità di applicare la legge fino in fondo e di far scontare la pena ai condannati, nello stesso tempo, però, bisogna ammettere come lo Stato non sia più in grado di assicurare condizioni di vita umane ai detenuti e di rieducarli in vista del loro rientro nella società. Lo testimoniano le decisioni con cui sempre più giudici civili condannano il Ministero della Giustizia per aver costretto i detenuti in spazi troppo angusti”.
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