Anche questa notte ha una sua magia. Mi aspetto una partita molto aperta ed equilibrata e non solo perché le finali sono partite particolari. Me l’aspetto perché il NAPOLI è forte, molto forte, più di quanto dica la classifica di campionato”. E’ il pensiero sulla finalissima di Coppa Italia in programma stasera all’Olimpico del ct della Nazionale italiana, Roberto Mancini, in una intervista alla ‘Gazzetta dello Sport’. Analizzando il momento delle due squadre, il ct azzurro parte dalla prova non brillantissima dei bianconeri contro il Milan. “Sorpreso? No, dopo la lunga inattività, ci vorranno almeno 5-6 partite prima che le squadre recuperino il loro vero calcio”.
E su Sarri aggiunge. “Prendere una squadra che vince da tanti anni e tenerla davanti a tutti non è facile come sembra. Ha trasmesso le sue idee e si vedono. Il palleggio è più solido, meno verticale. La squadra lo segue”. Spazio poi alla ‘grinta’ di Gattuso. “Chi lo riduce a un motivatore gli fa torto. Rino è cresciuto di stagione in stagione. Ogni anno un po’. Ha accumulato conoscenze ed esperienze, anche sofferte, anche all’estero. Ha allenato un top club come il Milan, dove ha fatto bene”. Parlando dei singoli, a poter fare come al solito la differenza è Cristiano Ronaldo che si adegua e ci prova da punta centrale. “Mi convince di più quando parte da sinistra; trova più libertà per il tiro. Ma i fuoriclasse come lui, trovano sempre la posizione giusta in campo. Lui decisivo in finale? La Juve ne ha tanti di uomini decisivi, troppi, pensano gli altri… Una ventina”, spiega Mancini. Al tecnico marchigiano viene chiesto poi un nome su tutti per il Napoli in ottica finale. “Mertens ha le caratteristiche per creare problemi alla difesa della Juve. Insigne in Nazionale ha sempre fatto bene. Con Gattuso ha ritrovato entusiasmo e convinzione. È l’anima. Il Napoli gli propone un disegno tattico molto simile a quello che svolge con noi e questo certamente lo aiuta”. Infine spazio ai ricordi che la Coppa Italia suscita in Mancini che ne ha vinte 6. “Quale scelgo? La prima, naturalmente: 1984-85. La Samp non aveva mai vinto nulla. È stato l’inizio di tutto. Espugnammo San Siro con gol di Souness, poi 2-1 a Marassi: una rete io, una Vialli. La festa. Avevo 20 anni. E tra le quattro da allenatore? Anche qui scelgo la prima: Fiorentina 2000-01. Sembrava impossibile battere quel Parma. Era fortissimo. Invece passammo al Tardini e poi 1-1 al Franchi. La mia prima gioia da allenatore”
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