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Coronavirus, in Campania la metà delle morti del sud. CGIL: “Applicare con rigidità protocolli di sicurezza”

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Napoli. “L’analisi territoriale dell’Inail sugli infortuni e i decessi da Covid19 – dicono il segretario generale CGIL Campania, Nicola Ricci e il responsabile regionale INCA CGIL, Jamal Qaddorah – destano ulteriore preoccupazione per la Regione Campania. Sul numero di infortuni è evidente che l’emergenza sanitaria ha inciso drammaticamente per il 70 per cento dei casi denunciati in sanità e nell’assistenza sociale. Ma il dato che più fa riflettere è la percentuale dei decessi in ambito lavorativo, con la Campania che registra la metà dei decessi di tutto il Sud Italia. Il tema della sicurezza, la salvaguardia della salute restano l’obiettivo prioritario, al netto di come sarà regolata la fase 2, con la rigida applicazione da parte di aziende ed imprese, dei protocolli di sicurezza diventati legge lo scorso 26 aprile”.

I DATI DELL’INAIL: DALL’INIZIO DELL’EMERGENZA OLTRE 37MILA DENUNCE

 

Sono 37.352 le denunce di infortunio per Covid19 segnalate all’Inail al 4 maggio 2020, che rappresentano il 30 per cento dei casi totali di infortunio registrati a febbraio, e che si riferiscono ai mesi di marzo (58 per cento) e aprile (41 per cento). Rispetto all’ultimo monitoraggio effettuato al 21 aprile, si registra un aumento di 8971 casi.

IL COMPLESSO DELLE DENUNCE DI INFORTUNIO

 

Il 71,5 per cento dei contagiati sono donne mentre il 28,5 sono uomini: l’età media per entrambi i sessi è di 47 anni. Tra la fasce d’età più colpite il 43,1 per cento delle denunce riguarda lavoratori e lavoratrici tra i 50 ed i 64 anni d’età. Seguono le fasce 35-49 anni (37,4 per cento), 18-34 anni (17,5 per cento) e over 64 (2,0 per cento). Gli stranieri sono il 14,5 per cento (otto su 10 sono donne). Gli italiani sono l’85,5 per cento (sette su 10 sono donne).

L’analisi territoriale evidenzia una distribuzione delle denunce al Sud del 6 per cento (con la Campania che registra l’1,6 per cento delle denunce). Delle 37.352 denunce, quasi tutte riguardano la gestione assicurativa dell’industria e dei servizi (circa il 99 per cento), mentre il numero dei casi registrati nelle restanti gestioni assicurative dell’agricoltura, della navigazione e per conto dello Stato è inferiore a 400.

Rispetto alle attività produttive (codici ATECO) coinvolte nella pandemia, il settore della sanità e dell’assistenza sociale (ospedali, case di cura e di riposo) registra il 73,2 per cento delle denunce. L’analisi per professione evidenzia la categoria dei tecnici della salute (43,7 per cento) tra le più coinvolte (tre casi su quattro sono donne), seguita dagli operatori socio-sanitari con il 20,8 per cento (di cui l’81,1 per cento sono donne), dai medici con il 12,3 per cento, dagli operatori socio-assistenziali con il 7,1 per cento e dal personale non qualificato nei servizi sanitari e di istruzione con il 4,6 per cento dei casi segnalati.

LE DENUNCE DI INFORTUNIO CON ESITO MORTALE

 

Alla data del 4 maggio 2020 sono 129 le denunce di infortunio con esito mortale da Covid19 pervenute all’Inail (quattro casi su 10 decessi denunciati). Di questi, il 43 per cento deceduti a marzo e il 57 per cento ad aprile. Rispetto all’ultimo monitoraggio del 21 aprile, si sono registrati 31 casi di infortunio mortale in più. L’82,2 per cento hanno riguardato uomini, il 17,8 per cento le donne, facendo registrare un’inversione della tendenza rispetto al complesso delle denunce. L’età media dei deceduti è 59 anni (58 per le donne, 59 per gli uomini). L’età mediana è di 60 anni. Il 67,4 per cento delle denunce di infortunio mortale riguarda la fascia d’età 50-64 anni. Seguono gli over 64 con il 20,9 per cento, 35-49 anni con il 10,1 per cento e under 34 con l’1,6 per cento.

Gli stranieri sono il 10,9 e sei su 10 sono uomini. Gli italiani sono l’89,1 per cento, nove su 10 sono uomini. L’analisi territoriale evidenzia una distribuzione dei decessi al Sud del 15,9 per cento, con la Campania che ne registra oltre la metà (7,9 per cento). Circa il 94 per cento dei decessi provengono dall’industria e servizi, il 3,9 per cento alla gestione Conto Stato, mentre il 2,3 per cento è ripartito tra agricoltura e navigazione. Rispetto alle attività produttive classificate con codice ATECO, il settore sanità e assistenza sociale registra il 38,9 per cento dei decessi, seguito dall’amministrazione pubblica con l’11,1 per cento e dalle attività manifatturiere attive durante il lockdown (industria alimentare, farmaceutica, chimica e stampa) con il 9,7 per cento dei decessi.

La metà dei decessi si sono registrati tra il personale sanitario e socio-assistenziale. Nel dettaglio, la categoria dei tecnici della salute è la più colpita con il 18,6 per cento dei casi codificati, seguita da quella degli impiegati addetti alla segreteria e affari generali con il 13,6 per cento e da medici e operatori socio-sanitari con l’11,9 per cento. I restanti decessi coinvolgono operai socio-assistenziali (6,8 per cento), gli specialisti nelle scienze della vita (6,8 per cento), il personale di sicurezza, custodia e vigilanza (3,4 per cento) e il personale non qualificato nei servizi sanitari e di istruzione (3,4 per cento).


Articolo pubblicato il giorno 13 Maggio 2020 - 20:56


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