Le castagne del prete ormai si trovano ovunque, ma le loro origini vanno ricercate in Campania. Per l’esattezza a Montella, in provincia di Avellino. E la castagna di Montella è un prodotto IGP esportato in tutto il mondo.
COME SI FANNO
Il procedimento comincia con una lunga essiccazione (circa 15 giorni) che avviene a fuoco lento su graticci di legno e in appositi locali chiamati gratali. Le castagne sono poi ulteriormente cotte in forno a 180 °C per 40 minuti. Infine c’è lo step del bagno a spruzzo, che si effettua in una miscela di acqua oppure di acqua e vino: dura una settimana ed è finalizzato a far ammorbidire le castagne senza che perdano il particolare sapore dato dall’affumicatura e, appunto, dalla tostatura.
PERCHÉ SI CHIAMANO COSÌ
Il nome di queste castagne è riconducibile a due leggende. Secondo la prima, a inventarle furono i monaci irpini. La seconda, invece, racconta di un prete che ricevette in dono un’enorme quantità di castagne e le caricò su un mulo per portarle nel convento. L’animale, però, per la troppa fatica e anche a causa della poca esperienza del suo padrone cadde in un fiume, di conseguenza anche le castagne finirono in acqua. In molti assistettero alla scena e si fecero beffa del religioso, il quale però non si lasciò demoralizzare e giunto a destinazione mise le castagne nel forno per asciugarle.
GLI USI IN CUCINA
La castagna è dolce di per sé, certo, ma quella del prete è ancora più dolce. Il segreto sta nella tostatura, cioè nella fase successiva all’essiccazione. Tramite il passaggio in forno, infatti, avviene la caramellizzazione degli zuccheri contenuti nel frutto. Le castagne del prete, insieme ai fagioli e al guanciale, sono protagoniste di un piatto della tradizione irpina: ‘a zuppa ‘e castagne e fasule. Soprattutto, però, diventano l’ingrediente magico, unico e inimitabile del tacchino farcito, anche perché con le mele vanno decisamente a nozze. Proprio per questo, consigliamo pure di sbriciolarne una generosa dose e spargerla sulla superficie della vostra prossima torta di mele.
Gustavo Gentile
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