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‘God save the Champions’,l’Europa del calcio parla inglese

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Un vecchio adagio calcistico, secondo cui “tutto e’ possibile”, quando incontra le squadre inglesi ritrova magicamente la sua legittima attualita’. Prima il Liverpool, ieri il Tottenham. Entrambe chiamate all’impresa, senza i rispettivi giocatori migliori (Mohamed Salah e Harry Kane). Entrambe di fronte a sfide dal quoziente di difficolta’ enorme: i Reds dovevano rimontare tre gol al Barcellona in 90′, mentre gli Spurs hanno avuto a disposizione un solo tempo per segnarne altrettanti all’Ajax. Due semifinali epiche, per suspence e emozioni, due rimonte gia’ entrate nella storia della Champions. Forse e’ la piu’ divertente degli ultimi decenni, sicuramente la piu’ british da un decennio a questa parte. “God save the Champions”, titola Daily Mail riprendendo le preoccupazioni di Marca che dopo aver visto estromesse le grandi di Spagna titola appunto sulle sue paure evocando l’inno inglese. Vista dall’altra parte della Manica, la finale del 1 giugno frutto di imprese incredibili e’ simbolo di una resilienza tutta britannica, quasi un dna storico: “Quando tutti dicono che e’ finita puoi ancora vincere”, ha detto nelle scorse ore la premier Theresa May usando la rimonta del Liverpool come paradigma delle infinite risorse di fronte allo stallo delle Brexit. Alla vigilia della sfida contro il Barca Jurgen Klopp, consapevole di quanto fosse assurdo anche solo sperare nella rimonta, aveva chiesto ai suoi di credere “solo nell’unica possibilita'” che era rimasta ai suoi Reds. Concetto ribadito ieri, dopo il trionfo di Amsterdam, da Lucas Moura: “E’ impossibile da spiegare, ma ora tutto e’ possibile”. Anche che una squadra come il Tottenham – un solo punto nelle prime tre giornate della fase a gironi, qualificatasi agli ottavi, ai danni dell’Inter, per il maggior numero di gol segnati (stessi punti, stessa differenza reti), approdata in semifinale solo grazie alla Var che ha annullato un gol al Manchester City nei minuti di recupero di una sfida altamente spettacolare – vinca la Champions League. Non meno rocambolesco e’ stato il cammino del Liverpool, approdato alla fase ad eliminazione diretta solo grazie alla vittoria sul Napoli (stessi punti). Due squadre – Spurs e Reds – che incarnano non solo la globalizzazione della Premier League (manager e campioni da tutto il mondo), ma nel contempo anche il suo spirito pugnace, accanito fino al 90′. Che porta queste squadre a crederci sempre, fino al triplice fischio finale, a prescindere dal punteggio. Ha fatto storia la rimonta del Manchester United, nella finale Champions di Barcellona 1999, capace di segnare due gol nei minuti di recupero ribaltando il vantaggio del Bayern Monaco. Un altro ricordo, doloroso per il calcio italiano, e’ il secondo tempo del Liverpool di Istanbul, dove riusci’ a rimontare tre gol al Milan prima di vincere ai rigori. Quest’anno altre due rimonte, che confezionano la seconda finale tutta inglese nella storia della Champions, dopo quella di Kiev 2008, vinta ai rigori dallo United sul Chelsea. All’appuntamento di Madrid mancano ancora tre settimane, ma Liverpool e Tottenham hanno gia’ pianto, di gioia e incredulita’. “Non so perche’, ma vivere certe emozioni qui e’ piu’ forte che altrove, ti restano addosso”, ha spiegato Klopp dopo il successo sui blaugrana. Concetto ribadito ieri da Mauricio Pochettino, incapace di frenare le lacrime. Un senso d’appartenenza, una passione viscerale, che spinge chi indossa quelle maglie a realizzare miracoli. Anche a tempo scaduto.


Articolo pubblicato il giorno 9 Maggio 2019 - 15:07

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