Fu ucciso per uno schiaffo al nipote del boss e la Cassazione invia gli atti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Si tratta dell’omicidio di Luigi Barretta, appartenente al clan camorristico degli Amato-Pagano ed ucciso in un appartamento a Gricignano d’Aversa. Era l’11 maggio del 2005 nel pieno della prima faida. Il giovane, aveva appena 22 anni quando fu ucciso. Fu trovato avvolto in un sacco di plastica di quelli usati per i rifiuti nelle campagne di Crispano. Ucciso altrove e poi trasportato in località Tavernola. E’ quanto emerge da una sentenza della Corte di Cassazione che ha disposto l’invio degli atti al gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere dichiarato competente territorialmente iscrivendo nel registro degli indagati nove tra mandanti, killer e complici di quel delitto.
Già nel febbraio 2017 il gip di Napoli aveva escluso l’aggravante mafiosa pur confermando il contesto camorristico in cui avvenne il delitto. Di qui l’invio degli atti alla Procura ordinaria di Santa Maria Capua Vetere. Il giudice per le indagini preliminari sammaritano, però, aveva condiviso le argomentazioni del pm che, nel reiterare la richiesta di arresto, aveva ribadito l’aggravante mafiosa.
Secondo quanto rilevato dal gip di Santa Maria Capua Vetere “l’omicidio fu commesso per consolidare il potere di Raffaele Amato e Cesare Pagano all’interno del clan da loro capeggiato, la cui autorità era stata posta in discussione da Barretta non solo con lo schiaffo dato, per una ragione banale, al nipote di Raffaele Amato, ma soprattutto con le successive affermazioni, secondo cui “le cose potevano cambiare”, nel senso che se ora comandavano gli Amato-Pagano il futuro poteva essere diverso”.
Di qui il ricorso del gip di Santa Maria Capua Vetere in Cassazione per risolvere la questione della competenza territoriale. I giudici del Palazzaccio hanno deciso l’invio degli atti al gip di Santa Maria Capua Vetere condividendo il fatto che la competenza del tribunale napoletano si era esaurita già con la decisione del medesimo tribunale di escludere la sussistenza dell’aggravante mafiosa.
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