Scafati. Estorsioni, usura, riciclaggio, intestazione fittizia di beni: la Corte di Appello di Salerno ha confermato in larga parte le condanne inflitte in primo grado per gli esponenti del clan Loreto-Ridosso e Cesarano di Pompei-Castellammare che avevano messo sotto torchio commercianti e imprenditori della zona tra cui anche i fratelli Moxedano gestori della Sala Bingo di Pompei e i gestori di quella di Scafati. Nelle rete degli investigatori due anni fa erano finiti in 16 tra cui alcuni prestanome dei Loreto-Ridosso nelle attività apparentemente 'pulite'. Numerose le accuse, valutate dal giudice per le udienze preliminari Maria Zambrano: associazione per delinquere, usura, estorsione, intestazione fittizia di beni furono scoperte grazie alle indagini dei carabinieri e della Dia, coordinate dal pm della Dda Giancarlo Russo. L'indagine si è arricchita delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia tra i quali Alfonso Loreto, Romolo Ridosso e successivamente anche quelle di Andrea Spinelli detto Dario. Tra gli episodi emersi nel corso delle indagini le estorsioni a numerosi industriali conservieri imposte dai nuovi rampolli del clan Loreto-Ridosso con la supervisione di Pasquale Loreto, il pentito che dalla località protetta gestiva gli affari insieme al figlio Alfonso nella sua terra di origine. Pasquale Loreto, protagonista della camorra degli anni '90, anche da pentito riusciva ad incutere timore alle sue vittime, tanto che in alcune occasioni aveva fatto prelevare e minacciare dai suoi accoliti alcuni industriali per imporre loro di pagare il pizzo.
Nel dettaglio la sentenza della Corte d'appello di Salerno (presidente Sicuranza, consiglieri De Luca e Ianniciello) che conferma le condanne per i reggenti del clan Loreto Ridosso, per Antonio Matrone, figlio del boss Franchino a belva(assolto in primo grado) e per il boss Luigi Di Martino detto o' profeta, boss del clan Cesarano che è stato condannato a otto anni e sei mesi di reclusione più 7.Potrebbe interessarti
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