Precisiamo subito nell’incipit di questo articolo che il titolo non reca errori.Potrebbe interessarti
Potevano essere numerose infatti le ragioni della “chiusura” dei cantieri: la avvenuta ultimazione dei lavori era il più auspicato e auspicabile dei casi.
Ma altre ragioni potevano essere intervenute in corso d’opera, come ad esempio chiusura per Sospensione, temporanea o definitiva, per Causa di forza maggiore.
Elemento oggettivo di preoccupazione - ai nostri occhi e a quelli di coloro che fossero già esperti di cantieri pubblici oppure in qualche modo e misura “addetti ai lavori”- erano i ribassi straordinariamente elevati che consentivano la aggiudicazione delle gare.In molti casi i ribassi infatti superavano il cinquanta per cento e in qualche altro addirittura il sessanta. Anche la Stampa locale e in qualche caso quella nazionale riportarono le notizie di tali anomalie.Facile e immediata era la osservazione della gente comune e quasi sempre la stessa: o era sbagliato il progetto o era sbagliato il ribasso. Però c’erano anche quelli che attribuivano la tendenza all’esasperato ribasso addirittura alla presenza, all’interno del GPP, del nucleo dei Carabinieri impegnati per debellare sul nascere ogni infiltrazione camorristica. Insomma in altre parole, più dirette, c’era chi argomentava che le imprese appaltatrici - sentendosi al sicuro da sgarri e gabelle “improprie” - si accollavano volentieri gli oneri di ribassi oltremisura.Altri, più pessimisti, attribuivano la tendenza ai ribassi ad oltranza delle Appaltatrici alla oggettiva scarsa conoscenza dei luoghi dei lavori, spesso non sostenuti da rilievi recenti. Essi, predicando la insostenibilità di tali ribassi durante il corso dei lavori, storcevano il muso e fiutavano a breve termine aria di Varianti e di Riserve in corso d’opera da parte delle Imprese. Alla fine, hanno avuto ragione i pessimisti.
Fortunatamente i cantieri “chiusi” - ma di fatto ancora “aperti” - non sono molti.Abbiamo quindi casi di non finito e altri casi di non terminato. Chiediamo scusa del facile gioco di parole e non vogliamo evocare qui Michelangelo, di cui si distingue il “non finito” dal “non terminato”.Il nostro caso è forse più semplice: se non è zuppa, è pan bagnato. Intanto, diciamo che tal tipo di problematiche interessano interventi significativi. Siamo infatti in presenza di striscianti contenziosi derivanti da Riserve reclamate o da altri ammennicoli imperfetti o imprevisti riguardanti le previsioni progettuali carenti, le reti elettriche, nonché quelle dell’acqua e dei reflui. Si tratta di cantieri del calibro della Casa di Sirico e della Casa dei Dioscuri. E della Recinzione monumentale, improvvidamente estesa verso la Villa di Diomede, in una zona che conservava ancora un intenso sapore di agreste ruralità “ante Scavi”. E del gruppo fanno parte i cantieri degli Edifici demaniali di viale San Paolino e quello degli edifici di Porta Stabia, in odore di abusivismo, ma improvvidi in sé, senza scampo. Rumors provenienti dalle antiche mura sussurrano che si tratta di un malloppo di Riserve in corso d’opera intorno quattro milioni di euro.
Il cofinanziamento europeo, univoco e unitario, sta dunque andando in sofferenza.Il nome di Pompei vale una deroga ai modelli europei di finanziamento e rendicontazione? Noi pensiamo e auspichiamo di sì. Ora le somme dei ribassi smodati potrebbero tornale utili. E’ un tesoretto disponibile. Ma la nostra è solo una ipotesi di lavoro, che dovrebbe attirare la attenzione di chi può. Cosa ne pensa però il ministro Bonisoli? E i duumviri Salvini e Di Maio? E l’Europa brutta e cattiva che farà?E, infine, per la “Buffer zone” desaparecida, invece, cosa si fa? Gli interrogativi sono molti. Le risposte arriveranno a breve. Stavolta però noi le temiamo.Ma confidiamo nel potere evocativo del GPP. Anzi nel nome di Pompei. Gli uomini vanno e vengono. Pompei vive al di là delle contingenze. Perché è. Ut sic.
Federico L. I. Federico





























