foto di repertorio
Nel 2018 la percentuale dei procedimenti prescritti a Napoli, in fase di Appello, e’ stata pari al 32%. Un “dato grave” per dirla con le parole del procuratore generale Luigi Riello. “Questo non significa che i giudici della Corte d’Appello di Napoli non lavorino. Ci sono dei problemi che rallentano il corso dei procedimenti – spiega – che si sviluppano anche in altre fasi”. Gli fa eco il presidente della Corte d’Appello di Napoli, Giuseppe de Carolis Di Prossedi’: “Quando parliamo di lentezza dei processi, commettiamo spesso un errore: la lentezza non sta nello svolgimento dei processi, ma nell’attesa”. L’attesa di una fissazione del processo, per esempio. La Corte d’Appello di Napoli e’ diventata un imbuto e, per dare la precedenza ai processi con imputati detenuti, i procedimenti con imputati a piede libero finiscono in coda alla lista delle priorita’. “Il problema della Corte d’Appello e’ nei numeri – sottolinea Giuseppe de Carolis Di Prossedi’ – In servizio ci sono 30 magistrati e ne mancano 15. C’e’ poi da considerare che alla Corte d’Appello arrivano tutti i processi che si sono definiti col rito abbreviato che, nel 2018, sono stati in aumento. E tutti questi processi hanno imputati detenuti, quindi hanno poi la precedenza”. Il presidente della Corte d’Appello di Napoli sottolinea poi come esistano anche piccoli e quotidiani problemi che provocano rallentamenti costanti: in tutta la Corte d’Appello, ad esempio, esiste un solo commesso che spinge il carrello sul quale vengono spostati i fascicoli destinati alle udienze. “Questa non e’ un’emergenza, ma e’ sintomatico di un sistema che anche nelle piccole cose non funziona. Capita spesso che, per aspettare il commesso, che da solo deve spostarsi da un’aula all’altra, le udienze comincino in ritardo”, commenta Giuseppe de Carolis Di Prossedi’.
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