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Roma. Nessun concorso, la scelta dei direttori dei musei è fiduciaria, dunque, spetta al Ministri per i beni culturali. A sancire il principio la cassazione a sezioni unite civile. Quindi ancora una volta una vittoria per il Mibac, dopo i verdetti della giustizia amministrativa che hanno dato il via libera alla riforma Franceschini che ha aperto agli stranieri le porte della direzione dei musei italiani. Con una decisione depositata la Cassazione (sentenza 1413), gli ‘ermellini’ confermano ‘carta bianca’ al ministro dei Beni culturali – o in alternativa al direttore generale dei musei – nella scelta finale dei candidati da collocare alla guida dei musei, compresi quelli archeologici nazionali. Ad avviso della Suprema Corte, se la prima parte di questa procedura può sembrare di tipo concorsuale perchè c’è una commissione che valuta i curricula e attribuisce un punteggio ai candidati formando una graduatoria e convocando i primi dieci per un colloquio, la fase finale è destinata alla individuazione di una terna di ‘finalisti’ da sottoporre al ministro o al direttore generale per la “scelta fiduciaria”. Proprio questo ultimo segmento della procedura è “palesemente dominante”, secondo la Cassazione, “rispetto all’intero percorso finalizzato alla nomina di un solo aspirante” e “conferisce il carattere sostanzialmente non concorsuale alla procedura di interpello”. Per questa ragione, tutte le eventuali cause di soggetti esclusi o spodestati dalle ‘poltronissime’ sono state affidate – d’ora in poi – alla competenza della giustizia ordinaria e non più a quella amministrativa, come chiesto dal Mibac che ha sostenuto che la modalità selettiva dei partecipanti al bando per la direzione dei musei archeologici nazionali non è “molto diversa dalle procedure di conferimento degli incarichi ai dirigenti medici” che avviene su base fiduciaria. Il ministero dei Beni culturali – ora guidato dal ministro Alberto Bonisoli – si era appellato alla Suprema Corte contro la sentenza del Tar di Roma che nel 2017 aveva dichiarato inammissibile per tardività l’opposizione del ministero, allora guidato da Enrico Franceschini, alla richiesta di annullamento della selezione per le nomine dei direttori dei musei archeologici di Napoli, Taranto e Reggio Calabria avanzata da Irene Berlingò, archeologa esperta di Magna Grecia.
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