Luciano Galassi torna a cimentarsi con la lingua napoletana e le sue sfaccettature, questa volta prendendo in analisi un altro aspetto tradizionale della cultura popolare: le ninne nanne.Potrebbe interessarti
“Quando nel 2016 ho affrontato il vasto tema delle filastrocche napoletane, ho deciso di sviluppare, per ciascun componimento selezionato, un excursus critico ampio nell’intento di approfondire e svelare l’humus nel quale queste forme popolari affondano le loro radici”, chiarisce Galassi. “È così che si è presentato ai miei occhi un caleidoscopio di elementi storici, spunti favolistici, giochi di bambini, sentimenti religiosi, superstizioni radicate, personaggi proverbiali, temi dell’immaginario collettivo, che mi è piaciuto mettere in luce, spiegare, riordinare. Il tutto per mostrare come queste produzioni tradizionali, spesso incoerenti e dal significato sfuggevole, sono comunque la testimonianza del modo di essere, di pensare, di “fare filosofia”, del “sapere” della gente napoletana. Tutto ciò l’ho trovato integralmente anche nelle ninne nanne, altri etnotesti (come tali appartenenti al patrimonio folclòrico orale dell’umanità) in cui confluiscono elementi fideistici, reminiscenze pagane, miti e leggende, riferimenti a toponimi ed eventi storici, e che appaiono vere miniere di conoscenze, linee guida per la comprensione della trama mentale e spirituale degli strati più immediati, e direi più puri, della gente di Partenope”.






