Mostravano ai creditori foto dei loro familiari inducendoli a rinunciare al dovuto e a cedere beni mobili e immobili a societa' di un presunto intermediario finanziario, che a sua volta girava tutto all'organizzazione criminale.Potrebbe interessarti
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"E' stata un'inchiesta che si e' articolata in piu' mesi con un forte impegno della Dia. Ma piu' che parlare di infiltrazioni mafiose in regione, parlerei piuttosto di insediamenti 'insidiosi' di criminalita' organizzata sul territorio, con la presenza del clan dei Casalesi, uno dei piu' agguerriti come storia per la loro pertinacia". Lo ha detto il Procuratore Capo di Trieste Carlo Mastelloni aprendo la conferenza stampa indetta alla Dia di Trieste per l'operazione denominata "Piano B", peraltro non ancora conclusa, e che ha visto eseguite sette ordinanze di custodia cautelare. Tutti gli indagati - ha precisato il Tenente Colonello Giacomo Moroso Capo Sezione della Dia triestina - devono rispondere a vario titolo per aver partecipato ad estorsioni commesse in Croazia e pianificate in Italia, in danno di imprenditori e professionisti, alcuni dei quali italiani operanti nella cittadina croata di Pola e finalizzate, tramite minacce e intimidazioni e percio' con metodo mafioso, a favorire gli interessi del noto quanto famigerato clan camorristico dei Casalesi. Nel corso delle indagini sono emersi numerosi elementi che hanno indotto gli investigatori a individuare nel 42/enne Fabio Gaiatto, presunto intermediario finanziario di Portogruaro (Venezia), attualmente detenuto nel carcere di Pordenone, l'investitore di ingenti somme di denari, circa 12 milioni di euro, appartenenti a consorterie criminali riconducibili al clan dei Casalesi. Gaiatto aveva allestito un complesso sistema di trading per investire illecitamente i capitali a disposizione, utilizzando diverse societa' con sede in Croazia, Slovenia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Tramite anche una particolare piattaforma sarebbe giunto alla cifra di 3 mila investitori con una disposizione complessiva tra i 70 e gli 80 milioni di euro, somma questa che aveva indotto il clan dei Casalesi a eleggerlo come amministratore, assieme a un commercialista, dei loro beni da impiegare al Nord d'Italia ma soprattutto in Croazia. Sono state successivamente le stesse autorita' croate, nei primi mesi del 2018, sulla base di denunce acquisite ed accogliendo le istanze di alcuni creditori che non si erano visti restituire il denaro, a procedere al pignoramento dei conti correnti delle societa' che facevano capo a Gaiotto, disponendo il blocco finanziario delle stesse ed impedendo di fatto al "promoter" di riconsegnare quanto investito anche agli uomini del clan. Da qui la messa in atto di condotte estorsive nei confronti di numerosi professionisti, italiani e croati. Numerosi gli episodi estorsivi emersi che hanno evidenziato la determinazione degli arrestati ma anche i consistenti interessi economici in gioco, pari a un giro di affari di decine di milioni di euro ricostruito dalla Dia di Trieste che ha permesso l'arresto oltre che dello stesso Gaiatto, anche quelli di Francesco Iozzino di 56, Gennaro Celentano di 34, Mario Curtiello di 36, Valter Borriello di 42, Luciano Cardone di 37 e Domenico Esposito di 45. Decine le perquisizioni in corso nei confronti di altri soggetti, tra cui diversi personaggi che hanno aiutato Fabio Gaiatto ad eludere le indagini dell'Autorita' giudiziaria di Trieste.