In nome della Legge ! era una esclamazione che eravamo abituati a sentire gridata contro i malavitosi nei film di qualche anno fa, quando i buoni erano buoni e i cattivi erano cattivi, senza dubbi né alternative possibili.Potrebbe interessarti
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Diciamo così, in un posto che più centrale ed esposto non si poteva. Però - nonostante tutto questo po’ po’ di sovraesposizione - l’evento non aveva le carte in regola. Insomma, non per una questione di forma, ma di sostanza, l’evento era di natura illegittima, se non addirittura illegale. Sembra che denunce e polemiche lo abbiano accompagnato e seguito. Il cittadino comune - che non è tenuto a conoscere i retroscena degli eventi “autorizzati” dal Comune di Pompei - ne è rimasto fuori, limitandosi a subire i disagi, che ogni evento che taglia in due la Città provoca sul traffico e sull’ordinato vivere civile. Basterebbe spostare sulla contigua Piazza Schettini - a fianco del Comune e del Comando dei vigili urbani- gli eventi che bloccano sistematicamente la Città, tagliandola in due. Sarebbe necessario soltanto ridisegnare la Piazza in funzione degli eventi, e della circolazione automobilistica, liberandola prima di tutto di quegli osceni casotti in legno la cui destinazione rimane ignota ai più. Lo speriamo e lo diciamo da tempo, senza uno straccio di ascolto. Anche stavolta, alla fine della fiera ci limitiamo a domandarci come abbiano fatto i vigili urbani - anello finale della catena delle autorizzazioni - ad ignorare la seria carenza documentale. E ci chiediamo dove si fermino le responsabilità politiche e cominciano quelle tecniche e amministrative. Buon per tutti che l’evento si è chiuso senza problemi o incidenti a visitatori o addetti. E dunque la chiudiamo qui. Chi ha avuto, ha avuto e…
Lo stesso quesito ce lo poniamo per il secondo evento che ora illustriamo al lettore. Abbiamo avuto occasione di vedere in questi giorni che nella Pineta Demaniale degli scavi di Pompei è stato “scartocciato” da teli e tubi il panettone natalizio che il Parco Archeologico e il Grande Progetto Pompei hanno regalato ai cittadini pompeiani. Ma ahinoi!!! Anche al mondo intero, visto che stavolta non parliamo di un evento che dura tre giorni ma di un fabbricato di cemento armato che dovrebbe durare per chissà quanti decenni. Non scomodiamo i secoli, perché confidiamo ancora in un futuro migliore, augurandoci fin d’ora una sollecita demolizione di quel fabbricatone fuori scala rispetto al contesto - oltretutto in serio odore di abusivismo - che risulta un autentico insulto edilizio e urbanistico per il fronte meridionale degli Scavi che si apre verso la Città nuova. Qualcuno lo chiama già ecomostro, o anche archeomostro, con un appellativo più calzante nel caso.
Circa un anno fa, sul finire del 2017, la Associazione ambientalista nazionale L’Altritalia Ambiente ha inoltrato una denuncia agli Enti e Istituzioni a vario titolo coinvolti nella sciagurata scelta di “fravecare” - questo il termine che vale la pena di sprecare, non di più - davanti alla Porta di Stabia, l’accesso mare stabiano. Addirittura di edificare a una trentina di metri, non di più, dalla cinta muraria fortificata della Pompei antica. E, inoltre, sul ciglio del vallo realizzato nell’ Ottocento per far leggere la murazione di difesa e il fronte lavico su cui fu edificata la Pompei pre-romana. E, praticamente, sulle tombe il cui ri-scavo (ndr: neo-logismo neo-pompeiano) è stato poi strombazzato senza risparmio a destra e manca.
E, infine, senza rispetto per l’insediamento ottocentesco sorto lungo la via murattiana delle Calabrie. Allora sulla questione si mobilitarono due Gruppi parlamentari: A.L.A. dell’iperattivo Sen. D’Anna e il M5S che effettuò con i propri parlamentari vesuviani un sopralluogo ispettivo sul cantiere. Ora D’Anna ha abbandonato la politica attiva e ricopre a Roma il ruolo di Presidente dell’Ordine Nazionale dei Biologi Italiani, mentre il M5S è passato al governo del Paese. Anche la Procura, le Finanza e i Carabinieri in quel momento si mobilitarono. Poi non si è saputo più nulla. Si sa che i tempi della Legge sono lunghi. L’interpello dovrebbe comunque essere rivolto anche al Comune di Pompei e ai suoi organi tecnico-amministrativi e di vigilanza sul territorio comunale, che hanno lasciato via libera. Noi facciamo solo cronaca, staremo a vedere. Rimane un interrogativo senza risposta: ma valeva la pena di portare a termine un tale scempio senza interventi di ripensamento? Una domanda finale però ci sia consentita: ma la Legge a Pompei è uguale per tutti, o NO?
Federico L.I. Federico

                                    


