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Le fonderie Pisano di Salerno restano chiuse e la Regione Campania deve emanare nuovamente il provvedimento con cui, da una parte, diffidava la societa’ a rispettare quanto previsto dall’Autorizzazione Integrale Ambientale (Aia) per la ripresa dell’attivita’ produttiva, dall’altra sospendeva la produzione per 45 giorni e comunque fino al ripristino della conformita’ all’autorizzazione. Lo ha stabilito la seconda sezione del Tar di Salerno che, con un’ordinanza emanata oggi, rigetta l’istanza cautelare proposta dalla societa’ salernitana. Lo stabilimento di via dei Greci e’, da anni, al centro di polemiche per l’impatto inquinante che avrebbe sull’ambiente e sulla salute di lavoratori e cittadini. I giudici amministrativi sostengono che il provvedimento regionale non contenga indicazioni su “certezza sui tempi, modi e condizioni” per la riapertura. Ma, questo problema puo’ essere superato “mediante la specificazione delle misure da adottare per l’eliminazione delle irregolarita'”. Il provvedimento del collegio passa in rassegna anche l’aspetto della tutela della salute. E lo fa richiamando la relazione dell’Arpac del 4 ottobre scorso in cui l’Agenzia regionale per la protezione ambientale chiarisce come nelle Pisano vi sarebbe “insufficiente captazione dell’aria esausta all’interno dei luoghi di lavoro” che “influisce in modo esiziale sulla salute degli stessi (dei lavoratori, ndr)”, ma potrebbe comportare anche “un probabile nocumento sulla salute delle popolazioni viciniori”, ossia dei cittadini salernitani e dei comuni limitrofi. A riprova di cio’, come sancito dalla Corte Costituzionale in tema di bilanciamento di interessi, il Tar ribadisce che bisogna “dare prevalenza, in concreto, a quello alla salute” e, in particolare, al “diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso che, in ragione e sulla base di quanto rilevato espressamente da Arpac con l’uso del termine ‘esiziale’, sarebbe invece compromesso in modo grave ed irreparabile”. Per questi motivi, “l’istanza cautelare di sospensione dell’esecutivita’ del provvedimento di chiusura dell’impianto, in difetto di ragionevole garanzia di salubrita’ degli ambienti di lavoro”, non puo’ essere accolta, concludono i giudici comunicando ai titolari dello stabilimento che, comunque, possono “provvedere alla rimozione delle problematiche denunciate dall’Amministrazione e segnalarlo all’autorita’ procedente ai fini della riapertura dell’impianto”.
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