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“Guardavo l’affidabilità di quella persona, la serietà nei nostri confronti, il fatto che non fosse attenzionato dalla magistratura, il profilo anche psicologico e l’appartenenza della famiglia di provenienza”. Erano queste le basi di partenza del ragionamento di Nicola Schiavone e dei suoi sodali per scegliere i candidati a sindaco, che dovevano ottenere il “nulla osta” per la candidatura, mentre l’ultima parola sulle liste (Schiavone fa riferimento alle elezioni 2004 e 2007 a Casale che lo hanno visto protagonista) “io dovevo avere l’ultima parola sulla base degli stessi criteri di prima”.
E nei verbali spunta anche il nome di Nicola Cosentino, ex sottosegretario del governo Berlusconi e per anni leader indiscusso di Forza Italia e Pdl in provincia di Caserta e poi in Campania. Stando al racconto del neo collaboratore sarebbe stato in alcuni casi proprio Cosentino a dare “indicazioni” sui candidati insieme ad un’altra persona che, per il momento, resta ancora “un’incognita” essendo “omissata” nei verbali. Ma il dato che emerge è che il clan non faceva distinzione di partito o ideologia. “Chiunque di loro avesse vinto doveva far riferimento a noi del clan” ha spiegato il figlio del capoclan.
Gustavo Gentile