Un vittima di don Barone conferma gli abusi sessuali durante i riti di esorcimo

SULLO STESSO ARGOMENTO

Caserta. Riusciva a controllare direttamente la vita dei suoi adepti con dei riti. Durante gli interrogatori presso la Procura di Santa Maria Capua Vetere sono emersi dettagli choc. Le ragazze hanno ricostruito come don Barone, il sacerdote finito nel mirino dell’inchiesta, sarebbe riuscito a controllare la vita dei suoi seguaci. Le giovani hanno parlato di decine e decine di persone plagiate, convinte in confessione, durante le celebrazioni che se fossero uscite dalla “setta” per loro sarebbe stato, parafrasando la Bibbia, “pianto e stridore di denti”. Le vittime che hanno denunciato il sacerdote di Casapesenna hanno confermato le accuse, aggiungendo di sentirsi in balia del prete. Il sacerdote, secondo quanto hanno raccontato, aveva delle tecniche per tenere sotto controllo i suoi adepti. Una delle due ragazze ha confermato i palpeggiamenti, l’altra ha confermato i rapporti intimi con cui il prete l’avrebbe costretta a subire sia in Italia che in un hotel all’estero. Entrambe le giovani hanno riferito agli inquirenti di non potersi ribellare al volere del sacerdote. Una delle due oltre agli abusi sessuali ha subito anche maltrattamenti “da esorcismo”. Le botte, il collare, la costrizione a bere l’acqua nel quale il prete sputava. C’è anche la testimonianza di una 13enne riferendo che “Quando ci picchiava, credevamo che stesse percuotendo il diavolo”. Un’altra ragazza, invece “dicevo loro che era un buon prete, all’epoca pensavo questo”.




LEGGI ANCHE

Carcere di Poggioreale: protesta dei detenuti del reparto Avellino

50 detenuti del reparto Avellino del carcere di Poggioreale hanno protestato battendo oggetti contro i cancelli di sbarramento dalle prime ore del mattino fino alle ore 15:00 di oggi. I detenuti contestavano la circolare DAP che disciplina la consegna di generi alimentari e indumenti da parte dei familiari (15 kg di indumenti e 5 kg di generi alimentari). Con arroganza, hanno preteso di parlare con il direttore minacciando ulteriori proteste. Grazie all'interlocuzione dell'unico agente rimasto chiuso...

Il clan dei telefonini in carcere. Il pentito: “Entravano nascosti nelle ruote delle sedie a rotelle dei familiari”

L'ingegno dei detenuti e dei loro familiari complici per entrare in carcere tutto quello che di illegale non conosce limite ne ostacoli. "Noi facevamo entrare i telefonini anche attraverso un detenuto di Marcianise di cui non ricordo il nome ma solo il soprannome plusiello, questa persona faceva entrare i telefonini utilizzando la sedia a rotelle di un familiare che veniva a trovarlo in carcere, in quanto le sedie a rotelle non vengono perquisite al momento...

IN PRIMO PIANO

LE VIDEO STORIE