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Scambio di voto a Scafati, Aliberti & C. rinviati a giudizio: il consigliere Paolino rischia la sospensione

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Scafati. Scambio di voto con la camorra: rinviato a giudizio l’ex sindaco Pasquale Aliberti e tutti gli imputati nel processo scaturito dall’indagine Sarastra, inclusa la moglie Monica Paolino, consigliere regionale di Forza Italia che ora rischia la sospensione dalla carica. Solo tre richieste di rito abbreviati con sconto di pena, nell’udienza preliminare che si è conclusa poco dopo le 15, 30 nell’aula bunker del carcere di Fuorni. A chiedere il rito alternativo i capi dell’organizzazione criminale Loreto-Ridosso che avrebbe ottenuto benefici dall’amministrazione dell’ex sindaco Aliberti, in cambio di voti alla coalizione. Luigi Ridosso jr, suo cugino Gennaro Ridosso e Alfonso Loreto saranno giudicati il 25 giugno prossimo dal Gup Emiliana Ascoli che ha accolto la richiesta dei difensori, Michele Sarno, Pierluigi Spadafora e Luigi Ferrone.
Decreto di rinvio a giudizio e processo fissato il sei giugno prossimo, dinanzi al primo collegio del tribunale di Nocera Inferiore, presieduto da Raffaele Donnarumma, per Pasquale Aliberti, il fratello Nello Maurizio, la moglie Monica Paolino, il factotum-staffista Giovanni Cozzolino, l’ex consigliere comunale Roberto Barchiesi, l’ex vicepresidente dell’Acse Ciro Petrucci e per Andrea Ridosso. Per il filone ‘pompe funebri’ è stato disposto il processo per il dirigente dell’area economica del Comune Giacomo Cacchione, l’ingegnere Nicola Fienga, Giuseppina Ametrano, legale rappresentante de l’Eternità, Alfonso e Catello Cesarano, amministratori della ditta Cesarano Nicola Pompe funebri, all’epoca dei fatti. 
Il rinvio a giudizio del consigliere Regionale Monica Paolino con l’accusa di 416 ter (scambio di voto politico mafioso) apre di fatto la procedura di sospensione dalla carica elettiva, che dovrà essere proposta dal Presidente del consiglio dei Ministri. E Monica Paolino, moglie dell’ex sindaco, potrebbe finire anzitempo la sua esperienza nella legislatura guidata dal Presidente Vincenzo De Luca, in cui è stata anche presidente della Commissione antimafia fino all’arrivo dell’avviso di garanzia nel settembre del 2015. Il decreto di rinvio a giudizio sarà trasmesso al Consiglio Regionale della Campania e alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per gli opportuni provvedimenti. 
E’ la debacle politica della famiglia Aliberti quella scaturita dall’indagine Sarastra seguita dalla Direzione investigativa antimafia, coordinata dal colonnello Giulio Pini e dal capitano Fausto Iannaccone, con il coordinamento della Dda di Salerno. Stamane, il definitivo passo verso il processo dibattimentale che si celebrerà al Tribunale di Nocera Inferiore. Un processo basato sull’apporto politico fornito dal clan Loreto-Ridosso, operante a Scafati, all’ex sindaco Pasquale Aliberti nelle amministrative del 2013 a Scafati e alla moglie Monica Paolino nelle Regionali del 2015, in cambio di favori per le ditte ‘apparentemente pulite’ . E’ il primo filone che arriva al vaglio dei giudici del dibattimento. Uno dei tanti aperti dall’indagine che ha portato poi allo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose e all’arresto dell’ex sindaco Aliberti, detenuto attualmente ai domiciliari a Roccaraso. Stamane, Aliberti ha accennato delle dichiarazioni spontanee riguardanti in particolare un’intercettazione ambientale che riguardava Aliberti e Cozzolino a proposito dell’affare pompe funebri, dichiarazioni smorzate dalle lacrime in aula. Poi, l’ex sindaco ha lasciato il bunker senza assistere alla lettura del dispositivo del Gup Ascoli. Non sono state ammesse, invece, le dichiarazioni spontanee che ha tentato il fratello dell’ex primo cittadino Nello Maurizio Aliberti, riguardanti gli ultimi atti depositati dal pm Vincenzo Montemurro il 23 aprile scorso. La documentazione ‘aggiuntiva’ riguarda l’attività social degli Aliberti, ma anche alcune intercettazioni ambientali captate dagli investigatori tra Nello Aliberti e Giovanni Cozzolino, l’uomo che da staffista e portaborse è diventato amico di famiglia e di affari politici della famiglia. Le ambientali sono state registrate negli ultimi mesi e annesse agli atti che arriveranno dinanzi ai giudici nocerini. 
Stamane, il Gup Emiliana Ascoli ha sciolto anche il nodo decisivo dell’udienza preliminare quella che riguarda l’incidente probatorio chiesto dalla pubblica accusa per sentire testimoni chiave, in audizione protetta, e blindare così le dichiarazioni di accusa. Due i testi ammessi che saranno sentiti dal Gup il 16 maggio prossimo. si tratta di Aniello Longobardi, ex presidente dell’Acse, imprenditore conserviero, costretto a pagare tangenti al clan Loreto-Ridosso, costituitosi parte civile nel processo con l’avvocato Giovanni Annunziata e Raffaele Lupo, ex consigliere comunale, tra gli ispiratori della lista Grande Scafati che candidò Barchiesi al consiglio comunale del 2013 al posto di Andrea Ridosso, dal cognome compromesso perchè figlio di Salvatore Ridosso, ucciso dalla camorra. Longobardi e Lupo sono tra i principali testi di della pubblica accusa, in relazione proprio al reato di scambio di voto. Entrambi hanno raccontato episodi che avvalorano la tesi delle cointeressenze tra Pasquale Aliberti e i Ridosso-Loreto, nelle fasi elettorali clou, con l’organizzazione di liste ad hoc e incontri elettorali, come quello a casa della zia dei Ridosso, alla vigilia delle Regionali 2015. Le testimonianze dei due imprenditori verranno cristallizzate e trasfuse, poi, nel processo che si terrà a Nocera senza che i due debbano essere ascoltati come testimoni. 
Un processo che racconterà un epoca politica, affaristica e malavitosa di circa un decennio nella città di Scafati. Un processo nel quale verranno messe a nudo le vite degli amministratori pubblici della città e i loro legami, in un intreccio che – secondo l’antimafia – ha consentito alla criminalità organizzata di instaurare una trattativa di ‘dare e avere’ con le istituzioni pubbliche. 

Rosaria Federico


Articolo pubblicato da La Redazione il giorno 26 Aprile 2018 - 18:17


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