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Processo strage bus, il teste tra i ‘non ricordo’ costretto ad ammettere che nella sua officina ci fu una manutenzione non corretta

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A distanza di quasi cinque anni dalla strage del viadotto Acqualonga, emergono elementi che fanno vacillare l’intero impianto accusatorio a carico di Gennaro Lametta, proprietario del bus che il 28 luglio 2013 precipitò dal viadotto.
Per cinque lunghi anni, durante tutte le fasi del processo, che vede indagati anche personale e dirigenti di Autostrade S.p.A. e della MCTC di Napoli, è stato ipotizzato, ma solo ipotizzato, con forza, che l’autobus di Gennaro Lametta fosse privo di ogni manutenzione, una carretta, insomma, soprattutto perché vi erano poche fatture di interventi meccanici. All’ultima udienza tenutasi al Tribunale di Avellino è stato ascoltato il teste Pasquale Favilla, ex meccanico della Volvo, e già da molti anni titolare di una grossa officina meccanica, generica, ma non per questo illegale, specializzata nella manutenzione di mezzi pesanti. Il meccanico, interrogato dall’avvocato Sergio Pisani, difensore di Lametta, ha inizialmente riferito che il Lametta era un suo cliente sporadico, che vedeva raramente, ma poi, di fronte ad una registrazione ambientale, depositata agli atti del processo, ha dovuto ammettere che circa un mese prima della tragedia il Lametta aveva portato il proprio bus nella sua officina, a suo dire per il solo cambio dei filtri del gasolio. Nel prosieguo dell’ascolto della registrazione è invece emerso che nell’occasione il Lametta chiese ad un dipendente della Officina, tale Pierino, di controllare proprio la trasmissione e che questi lo avrebbe fatto controllando se i perni erano stretti. Di fronte a tale innegabile evidenza il Favilla si è trincerato dietro una lunga serie di “non ricordo” (cfr Verbale di udienza del 20.04.2018), assumendo, addirittura di non conoscere il cognome del suo dipendente Pierino, ne dove abitasse, poiché persona tenuta in prova per poche settimane. Successivamente, alle pregnanti domande formulate dal Giudice il meccanico ha dovuto ammettere, anche se con palese reticenza, che il Lametta si era portato presso la sua officina anche 15 giorni prima di quando furono controllati i perni della trasmissione, per altri controlli, e, soprattutto, che non sempre emetteva fatture.
Inquietante è apparsa, infine, la dichiarazione resa dal teste che, a domanda del Giudice, ha affermato che per controllare i perni della trasmissione non ha usato chiavi dinamometriche, come previsto, ma semplici chiavi di serraggio.
Va detto, inoltre, che alla precedente udienza il Lametta ha depositato agli atti del processo documentazione attestante la sua iscrizione presso il Comune di Cercola, in netto contrasto con quanto sarebbe emerso dalle indagini della Polstrada che nulla ebbero a rinvenire presso il detto Comune. La prossima udienza è prevista per il 4 maggio.


Articolo pubblicato il giorno 22 Aprile 2018 - 18:59

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