‘Ultimo’ dice no alla nomina di Cavaliere della Repubblica: ‘Sono un mendicante’

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“Sono un mendicante, non posso accettare i premi. Per questo ho rinunciato all’onorificenza, sempre con massimo rispetto”. Chi conosce il colonnello Sergio De Caprio – il Capitano Ultimo che arresto’ Toto’ Riina – spiega che la ‘notizia’, in realta’, sarebbe stata se quella onorificenza di Cavaliere l’avesse accettata: ma non per protesta contro le Istituzioni, quanto perche’ a cominciare dal suo nome di battaglia – ‘Ultimo’, appunto – la storia di questo ufficiale dei carabinieri ‘sui generis’ non prevede medaglie. “Mi e’ sembrato normale”, dice infatti De Caprio all’agenzia di stampa Ansa quasi stupito che la sua decisione possa aver suscitato sorpresa. I fatti, come si ricostruisce dal comunicato del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica pubblicato in Gazzetta Ufficiale, sono che con decreto del Capo dello Stato datato 2 giugno 2017, al “Col. Dott. Sergio De Caprio” e’ stata concessa l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana: onorificenza che, con analogo decreto del 29 dicembre 2017 gli e’ stata revocata “per espressa rinuncia da parte dell’interessato”. Ultimo non vuole entrare nel merito dei motivi che lo hanno spinto alla rinuncia, limitandosi a sottolineare che e’ una decisione adottata nel “massimo rispetto” per le Istituzioni, ma in linea con il suo modo di pensare e di agire. Del resto, che non abbia mai sgomitato per fare carriera – molti dei suoi colleghi di corso sono ormai generali – e’ un dato sotto gli occhi di tutti. Nonostante questo, si tratta di uno degli investigatori piu’ famosi d’Italia. Da quel 15 giugno del 1993, quando mise le manette a Toto’ u curtu (“Riina Salvatore, lei e’ catturato per mano dei Carabinieri”, gli disse), la sua popolarita’ e’ cresciuta in maniera esponenziale, complici anche le fiction tv e le polemiche che seguirono quell’arresto, con i noti strascichi giudiziari per la ritardata perquisizione del covo del boss, finiti con la sua assoluzione. Un “quasi eroe nazionale”, come l’ha definito una volta l’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, diventato nel tempo troppo ingombrante. La sua Crimor, la squadra di cacciatori di latitanti, e’ stata negli anni smembrata, lui e’ stato trasferito dal Ros al Noe, il Nucleo operativo ecologico. Ma anche qui, soprattutto in seguito alle inchieste coordinate dal pm di Napoli Henry John Woodcock, ha continuato a far parlare di se’: tante le inchieste eccellenti su mazzette ed appalti che hanno riportato questo ufficiale senza volto (minacciato di morte da Cosa nostra vive sotto tutela, perennemente coperto da un passamontagna) sulle prime pagine dei giornali. Transitato dal Noe ai Servizi, e poi ‘restituito’ all’Arma dopo l’ennesimo scandalo legato all’inchiesta Consip, adesso Ultimo si occupa “di orchidee”, scherza con l’ANSA, facendo riferimento al suo attuale incarico al Comando carabinieri forestali. E, contemporaneamente, porta avanti la sua battaglia “con gli ultimi e a favore degli ultimi”. Domenica scorsa, cosi’, nella casa famiglia alle porte di Roma, da lui fondata, che si occupa di minorenni in difficolta’, ha lanciato la sua campagna “per salvare il popolo tuareg: un popolo libero, senza uno Stato, la cui sopravvivenza e’ a rischio”.




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