La boss di Resuttana, Maria Angela Di Trapani, arrestata ieri ha un pedigree di tutto rispetto. I picciotti di Resuttana-San Lorenzo la chiamano “la padrona di casa”, oppure la “gran signora” (cosi’ la definisce uno degli arrestati Salvatore Lo Cricchio), mentre i carabinieri ascoltano grazie alle intercettazioni. C’e’ pure chi non gradisce tanto di essere “comandato” da una donna. Ma e’ difficile, comunque, protestare, contro un pedigree cosi’ pesante: “la signora” infatti e’ figlia del capomafia Francesco Di Trapani, (classe 1938), morto nel 1992 e sorella di Nicolo’, gia’ reggente di Resuttana.
E come se non bastasse si e’ sposata con Salvatore Madonia – detto Salvino occhi di ghiaccio – detenuto ergastolano e ritenuto uno dei killer dell’imprenditore Libero Grassi. Le nozze – si legge nella misura – sono state celebrate in carcere, all’Ucciardone di Palermo, in una data che per Palermo significa tanto, se non tutto: il 23 maggio 1992, giorno della strage di Capaci. Secondo i magistrati della Dda di Palermo Maria Angela Di Trapani, ha diretto il mandamento di Resuttana ed “instaurato e mantenuto con i relativi associati e con quelli facenti parte di altre famiglie e mandamenti molteplici rapporti finalizzati alla gestione di affari illeciti, attinenti in particolare al controllo dei lavori edili e/o pubblici, al monopolio del settore dei video giochi con macchinette elettroniche compreso il settore delle scommesse sportive, svolgendo cosi’ un ruolo direttivo”.
In carcere c’era gia’ stata e appena uscita, nell’aprile 2015, ritorna a Cinisi. Da paese che fu di Peppino Impastato e di Tano Badalamenti “la signora” riprende il controllo del mandamento d’origine. Era stato un altro “picciotto” pentito – Manuel Pasta – a delineare ai magistrati palermitani il profilo della “signora” di Resuttana: “Maria Angela Di Trapani – si legge – si impostava, si presentava, parlava per come riferito dal Bartolo Genova e Enzo Sammarco, come un vero e proprio uomo, mandava messaggi dal carcere da parte dei cognati e del marito, pretendeva che fossero garantiti e dava anche indicazione sul volere e sui piaceri dei propri congiunti”.
“Non e’ una novita’ che una donna assuma il comando di una cosca. E’ un fatto che abbiamo riscontrato in numerose occasioni”. Ha commentato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho. “Lo abbiamo visto in Sicilia, in Calabria e in Campania – ha aggiunto de Raho – laddove il vertice storico viene assegnato al carcere duro, o a vita, o ad un periodo di detenzione rilevante, il contatto avviene attraverso i familiari. Talvolta, questo familiare e’ una donna: anche le donne hanno assunto in tante occasioni il comando di una cosca, si tratta di un’occasione, di un momento in cui la cosca ha bisogno di un riflesso della forza, della capacita’ del vertice storico che e’ detenuto”.
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