Saverio La Ruina mette ancora una volta le mani in terra calabrese, ritrovando nel dialetto locale la declinazione di "Masculu e fìammina", in scena da mercoledì prossimo alle ore 21.Potrebbe interessarti
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E' un intenso monologo in cui è racchiuso il dramma di chi ha vissuto la vita nascondendosi, soffocando istinti e pulsioni per non far parlare la gente. In una vita fatta di verità ferite, di complicità mai trovate, di violenze subite, di senso di diversità e d'inadeguatezza, ormai maturo, l'uomo riesce a parlare della sua "diversità" alla tomba della madre. Decide di affrontare, quindi, con la madre morta la propria omosessualità. In vita non ci era mai riuscito.
In un incessante flusso di parole, ripercorre la sua vita segnata da dolori e solitudine, da pregiudizio e conformismo e ignoranza, ma sperando sempre e con coraggio in una società più gentile.
La trama serve da spunto a Saverio La Ruina, che incarna Peppì, il protagonista che racconta di quando, bambino, gli piaceva guardare le gambe dei compagni a scuola e i ragazzini al mare del Lidu Aragosta, le prime disillusioni con Gianni, il ragazzo che gridava viva Marx, ma che sparisce quando scopre la sua omosessualità. Poi, ci sono i primi incontri, Enzu', Vittorio e finalmente l'amore con Alfredo, ucciso una notte dalle bastonate di qualche omofobo. Vent'anni dopo, poco è cambiato. Lì nel cimitero Peppì confessa alla madre di avere un sogno, quello di ibernarsi per svegliarsi un giorno e vivere in un mondo migliore. In un meridione con la neve, tra le tombe, finalmente con la sensazione d'essere liberi di dire, prende vita uno scambio d'idee tra un figlio e una madre, e si lasciano andare i dolori, le piccole gioie, i silenzi, le paure, le violenze, la ricerca di un amore vero, il desiderio di essere accettati.
Saverio La Ruina al Teatro Nuovo di Napoli con Masculu e Fìammina
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