camorra, la latitanza, la prigione e poi l’amore per il teatro e il riscatto attraverso l’arte: è questa la storia di Salvatore Striano, detto Sasà, al centro di ”Dentro la tempesta”, lo spettacolo che sabato 4 novembre, alle 21, sarà in prima toscana al Teatrodante Carlo Monni a Campi Bisenzio (Firenze), per la stagione di prosa (in replica domenica 5 novembre alle ore 16.30).
Il lavoro, presentato da Associazione Culturale Teatro Festival, è liberamente ispirato a ”La Tempesta” (ed. Chiarelettere), autobiografia di Striano che non solo ne firma la regia, ma ne è anche il protagonista insieme a Carmine Paternoster (già al cinema con ”I cinghiali di Portici”, ”L’intervallo”, ”Take Five”, ”Gomorra”) e Beatrice Fazi (debutto in tv su Rai1 come conduttrice di ”Big!”, tra le fiction ”Un Medico in Famiglia”, nel cinema ”La verità, vi prego, sull’Amore”). Lungo la trama si intrecciano spaccati dal carcere: gli scontri tra detenuti e guardie, la voglia di riscattarsi, la forza catartica della conoscenza. Sasà troverà la sua libertà nei personaggi e nei copioni, salvandosi grazie alla potenza delle storie.
Salvatore Striano, a quattordici anni ha già la guerra in testa, la cocaina nel sangue e due pistole nei pantaloni. È uno dei leader delle ”Teste matte”, una banda di ragazzi terribili dei Quartieri Spagnoli che si sono fatti camorristi per difendersi dalla camorra. Vita di strada, anni di sangue, di latitanza: non ha ancora trent’anni quando finisce in prigione, prima a Madrid poi a Rebibbia.
Un destino che sembra ormai segnato, e invece è proprio dal punto più basso e disperato che la vita lo sorprende, grazie alla scoperta magica della letteratura e del teatro. Striano si appassiona al teatro in cella. Esordisce nel cinema con Matteo Garrone nel film ”Gomorra” ed è Bruto nel film dei fratelli Taviani ”Cesare deve morire”, vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino.
Il malfunzionamento del mostro carcere, che sforna un numero sempre maggiore di criminali e fa sempre più vittime, sia tra le divise che tra i detenuti, è il fulcro dello spettacolo al termine del quale i due prigionieri-attori si salveranno dalla malavita e racconteranno come, con la cultura e Shakespeare, gli uomini possono ridisegnare una vita apparentemente segnata.
”Da molto tempo si sperimenta il teatro in carcere, ma noi per la prima volta portiamo il carcere in teatro – dice Striano – In una cella, due detenuti affrontano l’inferno carcerario: i passi di una guardia, i rumori delle chiavi, il canto mattutino di un prigioniero, la presenza della direttrice, tutta la triste quotidianità di chi vi è rinchiuso.
Ma in cella entra la forza salvifica dei libri e i due protagonisti iniziano una revisione critica del loro essere, con il graduale abbandono degli atteggiamenti e linguaggi che li hanno portati a perdersi, in una lotta per un sano riscatto.”
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