Ha destato un certo scalpore mediatico l'iniziativa con la quale la procura di Brindisi ha deciso di chiamare a giudizio alcuni soggetti responsabili di aver utilizzato il tasto "mi piace" in relazione alla diffusione, tramite social network, di un messaggio ritenuto lesivo dell'onore e della reputazione del sindaco e di alcuni dipendenti comunali.Potrebbe interessarti
Spedizioni sempre più complesse e vincoli contrattuali: la soluzione? Paccofacile.it
Italia in caso di attacco atomico le alte cariche dello Stato restano senza bunker
Faida tra famiglie sinti: uccisa Dolores Dori, 44enne abbandonata davanti all’ospedale di Desenzano
Liguria, la sposa è in ritardo: il prete non ammette ritardi e inizia il matrimonio senza di lei
Poiche' il "mi piace" non consiste certo nella condotta passiva di chi si limita a leggere il post diffamatorio senza commentarlo negativamente e senza segnalarlo a chi potrebbe farlo rimuovere ma, al contrario, contribuisce alla diffusione del messaggio diffamatorio rendendolo visibile ad un pubblico maggiore (tutti gli amici di chi appone il "mi piace" vengono sollecitati dal social network a leggere il messaggio, aumentandone anche il ranking che porta ad una maggiore visibilita' complessiva), appare quantomeno difficile poter sostenere che non sia una condotta con efficacia causale rispetto al fatto illecito ed altrettanto discutibile professare che si tratti di una condotta inconsapevole o distratta (ipotesi, quest'ultima, che peraltro non consentirebbe comunque di considerarla penalmente irrilevante). Ecco perche', forse, piu' che criticare l'operato della procura di Brindisi, dovremmo iniziare a pretendere maggiore responsabilita' da parte degli utenti della Rete, che troppo con leggerezza assimilano l'uso dei social network ad un gioco e si comportano di conseguenza.
Notizie del giorno
- 12:42
- 11:40
- 11:35
- 11:19
- 11:00
- 10:50
- 10:39
- 10:23
- 10:10
- 10:00
- 09:50
- 09:40
- 09:18
- 09:00
- 08:39
- 06:48






