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Testimone di giustizia denuncia: ‘Costretti a far nascere nostra figlia senza protezione’

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E’ sotto programma di protezione con la sua compagna e il figlio piccolo da 4 anni, riconosciuto come testimone di giustizia per aver denunciato camorra e corruzione negli appalti, ma ora che la moglie deve dare alla luce la loro secondogenita, lui e la compagna sono stati registrati in ospedale con il loro nome e cognome reale e non con una identita’ di copertura. E’ quanto denuncia Gennaro Ciliberto, testimone di giustizia in programma di protezione da 4 anni. Denunciò l’infiltrazione del clan D’Alessandro di Castellammare, attraverso una ditta, nei lavori di realizzazione delle autostrade. “Siamo sottoposti al programma di protezione speciale e su di noi generalmente vegliano 3 uomini di scorta con auto blindata – racconta – abbiamo un bambino di 3 anni e ora attendiamo a giorni la nascita di una bambina; abbiamo chiesto che potesse nascere nell’ospedale della regione limitrofa a quella in cui viviamo. Siamo stati autorizzati a farlo ma ci siamo ritrovati senza alcun dispositivo di tutela e soprattutto, in ospedale, abbiamo dovuto fornire i nostri dati per compilare la cartella clinica, non e’ stato oscurato nulla”. Ciliberto ha scritto al sottosegretario all’Interno Filippo Bubbico, “siamo stati abbandonati – dice – e ho paura anche perche’ devo ancora testimoniare in una serie di processi”. Ciliberto e’ stato responsabile della sicurezza nei cantieri di una ditta realizzatrice della costruzione e della manutenzione di varie opere autostradali in subappalto e nel 2010 ha denunciato corruzione nell’aggiudicazione di lavori, infiltrazioni mafiose ed anomalie costruttive. 

“La denuncia del testimone di giustizia Gennaro Ciliberto merita l’attenzione del Servizio Centrale di Protezione e una tempestiva verifica”. Ad affermarlo e’ il deputato Pd Davide Mattiello, che in Commissione parlamentare antimafia si occupa proprio di testimoni di giustizia, collaboratori e vittime di mafia. “Mi colpisce soprattutto che la registrazione nell’ospedale sia stata fatta, secondo la denuncia, adoperando il nome e il cognome autentici e non una identita’ di copertura. Ma voglio anche rassicurare il sig. Ciliberto: lo Stato – precisa il deputato – non lo abbandona, tanto meno in una circostanza cosi’ delicata. La vita dei testimoni di giustizia, che sono cittadini per bene che decidono di denunciare cio’ che hanno visto, come nel caso di Ciliberto o subito, come nel caso di tanti imprenditori che hanno reagito al racket, e’ pero’ ancora spesso segnata da incertezze, tempi troppo lunghi di attesa, soluzioni inadeguate. I testimoni di giustizia sono coloro che a causa delle denunce fatte si espongono ad un rischio tale che lo Stato per proteggerli adotta le cosi’ dette “speciali misure”, la piu’ invasiva delle quali e’ di certo il programma speciale di protezione, il cui principale obiettivo e’ sicuramente quello di fare salva la vita del testimone e dei suoi congiunti”. Su un popolazione protetta di circa 6000 persone, i testimoni di Giustizia sono una ottantina, che insieme ai familiari, arrivano a circa 1500 individui, tutti gli altri sono collaboratori di giustizia. “Il Senato dovrebbe gia’ a Settembre occuparsi della riforma del sistema tutorio dei testimoni di giustizia, che abbiamo elaborato in Commissione Antimafia, che e’ stata sottoscritta da tutti i gruppi politici e che la Camera ha gia’ approvato all’unanimita’ il 9 Marzo del 2017: la nuova legge rappresenta una svolta attesa da tempo, che migliorera’ le condizioni di vita dei protetti”, conclude Mattiello.


Articolo pubblicato il giorno 1 Settembre 2017 - 21:47

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