“Ma in che pasticcio ci sono andati a mettere?”. Cosi’ il procuratore di Modena Lucia Musti – secondo quanto riporta il verbale della sua audizione al Csm dello scorso 17 luglio – si rivolge al procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, dopo che nel luglio del 2015 sul Fatto Quotidiano compare l’intercettazione della telefonata tra Matteo Renzi ed il generale della Gdf, Michele Adinolfi. L’intercettazione faceva parte dell’informativa dell’inchiesta Cpl Concordia che il pm di Napoli, Henry John Woodcock, aveva trasmesso alla collega di Modena. “Quando e’ successo questo inconveniente, chiamiamolo cosi’, della pubblicazione degli articoli sul giornale, delle intercettazioni Adinolfi per intenderci – ricostruisce Musti – e’ lui (Woodcock, ndr) che ha chiamato me, non sono io che ho chiamato lui. Cioe’ lui mi ha chiamato per minimizzare, era piuttosto turbato, agitato, preoccupato e niente, mi ha chiamato lui e io non l’ho chiamato, perche’ io quando ho visto che e’ successo questo pandemonio ho pensato a capire in maniera fredda: ‘Vediamo se e’ colpa nostra’, nel senso: ‘Ancora abbiamo fatto una sciocchezza noi’, questo per me era importante”. “Io – prosegue il procuratore – l’ho lasciato sfogare punto e basta. In realta’ io ero piuttosto arrabbiata e a mia volta mi sono, tra virgolette, non sfogata perche’ non mi sfogo con nessuno, mi sono confrontata col procuratore Pignatone questo si’, con lui mi sono confrontata dicendo: ‘Ma in che pasticcio ci sono andati a mettere?’, sono sincera questo ho detto”.
Il maggiore Giampaolo Scafarto “era un prezzemolo, c’era sempre, era sempre in mezzo”. Ha spiegato ancora nella sua audizione al Csm il pm di Modena Lucia Musti parlando di quando, ad aprile 2015, l’allora capitano porto’ il fascicolo su Cpl Concordia – quello contenente l’informativa con la famosa telefonata tra Renzi e Adinolfi – da Napoli in Emilia. E proprio a proposito di quell’informativa, Musti solleva in piu’ punti dell’audizione diverse critiche al modo in cui e’ stata realizzata dai carabinieri del Noe. Un documento che definisce “terribile”: l’informativa “e’ fatta per tomi – dice – in questi tomi ci si butta qualunque cosa, veramente si ci mette qualunque cosa, che poi si manda in tutta Italia”. E questo, spiega piu’ avanti “e’ sinceramente come non si fa un’informativa finale, sottolineando pero’ che “un po’ la colpa e’ anche nostra perche’ siamo noi che dobbiamo dire che le informative non si danno cosi'”. “In questa informativa troviamo tutto e di piu’ – prosegue Musti – e’ un’informativa fatta male, fatta con i piedi. E’ un’informativa discorsiva, dove sembrano chiacchiere da bar a volte. Io non conoscevo questi carabinieri, ero abbastanza sorpresa da questo modo di fare le indagini, di approcciare le persone, i reati. Se fatta bene un’informativa finale puo’ essere un utile strumento di lavoro. Ma se e’ fatta cosi’, raffazzonata, dove ci si abbandona anche a delle osservazioni, non lo so, lo ripeto, ho grande stima dell’arma dei Carabinieri, ma questa informativa non mi e’ piaciuta”. Quando l’allora capitano Scafarto le consegno i due dvd contenenti gli atti di Napoli (che non erano sigillati), sostiene Musti, non le disse nulla che all’interno dell’informativa c’era la telefonata tra il premier e il generale della Gdf. E quando a luglio la vicenda fini’ sui giornali, lei rimase completamente sorpresa. “Io e i due colleghi (coassegnatari del fascicolo su Cpl, ndr) siamo rimasti molto colpiti. E’ scoppiata quella che per me e’ stata una bomba sinceramente…siamo rimasti veramente colpiti da questa baraonda che ci ha travolto”.
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