Napoli – Un mese prima di cadere vittima del brutale agguato in via Santa Teresa degli Scalzi, Emanuele Durante, il ventenne assassinato il 15 marzo scorso, viveva con la consapevolezza di essere in grave pericolo.
Un presagio inquietante che il giovane aveva confidato con parole agghiaccianti alla madre, Valeria Brancaccio, attraverso messaggi WhatsApp.
“Mamma io muoio presto non dimenticarti”, aveva scritto Durante alla madre il 13 gennaio scorso. “Mamma t u mi vedrai che muoio credimi perché manca poco. Credimi lo so me lo sento”. Parole che testimoniano un terrore palpabile e una funesta premonizione.
Un mese prima era stato accoltellato
La madre, in un altro messaggio, rivela di essere a conoscenza di una precedente aggressione subita dal figlio: “Visto anche che quando hai avuto i punti io non sapevo”, lasciando intendere un clima di violenza e minaccia che circondava il giovane.
Ma la consapevolezza del pericolo non era solo della madre. Le oltre 200 pagine dell’ordinanza cautelare, firmata dal gip Federica Colucci, e che ha portato all’arresto del presunto killer Alexandr Babaylan e del presunto mandante Salvatore Pellecchia detto “Dudù”, figura di spicco del clan Sequino del rione Sanità, rivelano come anche il padre di Emanuele, Vincenzo Durante (i genitori sono separati), fosse a conoscenza della delicata situazione.
Dalle intercettazioni emerge un quadro inquietante. In una conversazione tra i genitori, si fa riferimento a un’aggressione subita da Emanuele, attribuita a suoi “atteggiamenti di prevaricazione mediante l’uso di armi da fuoco” nei confronti di esponenti del “sistema della Sanità”. “Sparò in mezzo alla Sanità”, “Sparò addosso al ‘Sistema’ tuo figlio Emanuele”. Valeria, la madre di Durante, aggiunge un tassello ancora più inquietante: “Quest’altro qua invece adesso pensa che è qualcuno che ha fatto uccidere a Emanuele Tufano e si è vendicato…”.
Anche i messaggi diretti tra Emanuele e suo padre confermano un clima di paura e tensione. In una chat del 3 marzo 2025, il padre coinvolge il figlio nella valutazione di una pistola in suo possesso, mostrandogliene delle foto. Da conversazioni successive emerge il timore crescente di Emanuele di subire un’aggressione da parte di soggetti non identificati.
La cronologia degli eventi, ricostruita dagli inquirenti, rivela come questi timori si siano intensificati dopo una convocazione di Emanuele Durante al cospetto di Salvatore Pellecchia. Il giovane e i suoi familiari avrebbero tentato, invano, una mediazione con il “sistema” del rione Sanità, dapprima attraverso Rita Pirozzi, sorella di un noto esponente malavitoso, e successivamente tramite un certo “Pinuccio”, identificato in Buonerba Giuseppe, un pluripregiudicato dell’area di Forcella capofamiglia del clan Buonerba i famosi “capelloni” uscito lo scorso anno dopo decenni di prigionia, in passato in contrasto armato con il clan Amirante/Sibillo/Gugliano.
Proprio i legami pregressi tra Buonerba e Salvatore Sequino, storico capo dell’omonimo clan della Sanità, avevano fatto sperare a Durante in una possibile risoluzione del suo “grosso problema”.
La tragica vicenda di Emanuele Durante si inserisce in una scia di sangue che ha visto, pochi mesi prima, la morte di Emanuele Tufano, quindicenne ucciso da “fuoco amico” durante una “stesa” scaturita da una lite nel quartiere Mercato. Due giovani vite spezzate, apparentemente connesse da dinamiche criminali, presunte vendette e voci di tradimento che hanno armato le mani degli assassini.
Articolo pubblicato il giorno 9 Maggio 2025 - 07:36