Castellammare – È stata recuperata dagli inquirenti la testa fusa, il dispositivo che collega la cabina della funivia del Faito alla fune traente: un elemento tecnico chiave che potrebbe fare luce sulle cause del disastro avvenuto lo scorso 17 aprile, costato la vita a tre turisti e al macchinista Carmine Parlato.
Il ritrovamento, effettuato da Squadra Mobile e Polizia Scientifica su disposizione della Procura di Torre Annunziata, segna una svolta nell’inchiesta. Il componente verrà ora sottoposto ad analisi da parte del consulente tecnico nominato dai magistrati, che dovrà stabilire se i danni rilevati siano all’origine del cedimento strutturale o una conseguenza dell’impatto.
Secondo una prima ricostruzione, il cavo traente si sarebbe spezzato e il freno di emergenza non sarebbe entrato in funzione, rendendo vano ogni tentativo di evitare il tragico schianto.
Al momento, quattro dirigenti e funzionari dell’EAV – la società che gestisce l’impianto – risultano iscritti nel registro degli indagati, in un atto dovuto in vista dell’autopsia. Tuttavia, con il conferimento della superperizia, il numero degli indagati potrebbe salire. Le indagini, coordinate dal procuratore Nunzio Fragliasso, puntano a chiarire eventuali responsabilità tecniche e gestionali.
Ma che cos’è una testa fusa?
La testa fusa è un manufatto che permette di collegare la fune a una struttura, qua ne vediamo una di media dimensioni. Per realizzare la testa fusa la fune viene legata a un’estremità con del filo di ferro e poi vengono aperti i sei trefoli completamente aperti. La fase successiva è la pulizia del fiocco che viene realizzata mediante lavaggio a ultrasuoni: questo è il procedimento che crea la bontà della fune.
Quando la testa fusa finita, è pronta per essere messa nella macchina a trazione e ha la stessa bontà della fune se è fatta bene.
Ma oltre ad essere fatta bene deve essere anche controllata. E ogni cinque anni – dice la legge – sostituita.
Articolo pubblicato il giorno 12 Maggio 2025 - 21:59