ARZANO – Sgominata cellula del clan Monfregolo: determinanti le denuncia di un imprenditore edile e le dichiarazioni del nuovo collaboratore di giustizia Vincenzo Marra.
Dopo il blitz antiracket da parte del personale della Polizia di Stato di Frattamaggiore che ha dato esecuzione all’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere, emessa dal GIP presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, che ha portato in carcere 5 persone indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni – consumate e tentate – ai danni di piccoli imprenditori e commercianti del territorio di Arzano, ricettazione di somme di denaro: restano dirimenti nel quadro complessivo dell’ordinanza stessa, le dichiarazioni del nuovo collaboratore di giustizia Vincenzo Marra, affiliato di fatto al gruppo Cristiano, nonché legato da vincoli di parentela allo stesso ex boss oggi pentito Pasquale.
Marra nel 2024, si era presentato ai Carabinieri di Castello di Cisterna ed aveva iniziato spontaneamente la sua collaborazione svelando i nomi di tutti gli appartenenti alla cosca della 167 – costola degli Amato-Pagano -, di numerosi episodi estorsivi nonché quelli omicidiari.
Assunto inizialmente come palo, Marra avrebbe poi iniziato pian piano la scalata all’interno della cosca con l’avvallo dell’ex boss e del cugino di quest’ultimo, Salvatore Peterillo ucciso in un agguato nel novembre del 2021 in concomitanza con la scarcerazione del figlioccio di Cesare Pagano, Giosuè Belgiorno.
Marra – si legge nell’ordinanza e dalle dichiarazioni -, tale era il rapporto che lo legava a Cristiano, che si era addirittura tatuato dietro al collo la data di nascita di Pasquale Cristiano con le sue inziali messe in vista in un video.
Mentre sull’avanbraccio, invece, i nomi dei suoi cugini: i fratelli Ciro e Domenico Girardi, uccisi in un agguato nel 2006 ad Arzano con Domenico, coniugato con la sorella Di Pasquale Cristiano oggi moglie del boss Vincenzo Mormile (detenuto) ritenuto uno dei referenti sui territori di Frattamaggiore e Frattaminore. Marra vantava i suoi “cimeli” anche sul suo profilo Instagram.
La coraggiosa denuncia di un imprenditore e l’inizio delle indagini
Le nuove indagini, grazie al fiuto investigativo della Polizia di Stato, hanno avuto inizio dalla denuncia sporta da un imprenditore che aveva ricevuto una richiesta estorsiva presso un cantiere edile in Arzano che ha svelato di fatto altrettante richieste di pizzo ai danni di un supermercato in via Pecchia e un attività commerciale su Corso D’Amato.
Nel periodo di tempo oggetto delle attività investigative è stata documentata la forte pressione estorsiva realizzata sul territorio da parte del clan della 167 di Arzano. Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotte dagli agenti della Squadra Investigativa ed Operativa del Commissariato di Frattamaggiore, hanno consentito di accertare che gli indagati, 2 dei quali gravemente indiziati di essere partecipi del clan della 167 di Arzano, erano costantemente impegnati nella raccolta delle estorsioni ai danni di commercianti e piccoli imprenditori del territorio ed in particolare nella riscossione della rata estorsiva imposta in occasione delle festività pasquali.
I commercianti ed i piccoli imprenditori erano infatti costretti, secondo i classici schemi delle organizzazioni criminali di stampo camorristico, al versamento di somme di denaro a titolo estorsivo con cadenza periodica, ed in particolare a Natale, Pasqua e Ferragosto. Gli indagati, Salvatore Bussola, Antonio Lentino, Antonio Buono, Carlo Alborino e Raffaele Caiazza, sono stati immortalati numerose volte all’atto di ricevere le banconote dalle vittime.
È stata ricostruita una vicenda estorsiva ai danni di un imprenditore impegnato nei lavori di realizzazione di cellette e loculi presso il cimitero consortile dei comuni di Casoria, Arzano e Casavatore. Le intercettazioni hanno consentito inoltre di ricostruire le fasi della spartizione del denaro provento delle attività estorsive e l’affidamento in custodia del denaro – al fine di evitare il sequestro da parte delle forze dell’ordine – ad un soggetto, al quale è stato contestato il delitto di ricettazione aggravata dalla finalità di agevolazione del clan camorristico.
F.N.
Articolo pubblicato il giorno 9 Maggio 2025 - 08:57