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Sanità, ospedale Betania, ripartono le cure per l’epatite “C”

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Sanità, ospedale Betania, ripartono le cure per l’epatite “C”

L’epatologo Claar: valutati 8012 pazienti. Campania prima in Italia per infezione. Il progetto ‘Zero Epatite C’ continuerà nel 2021

A causa della pandemia da Covid-19 oltre il 50% dei pazienti affetti da Epatite C ha rinunciato a curarsi. Il dato emerge dal consuntivo dei primi 10 mesi del progetto “Zero Epatite C” attivato presso l’Ospedale Evangelico Betania, e che andrà avanti per tutto il 2021, nel corso del quale sono stati valutati 8012 pazienti consecutivi rilevando 309 soggetti Anti HCV positivi con una prevalenza di infezione del 3.9 %: il più alto tasso di infezione rispetto alla media nazionale stimata nello 0.8-1%.

“Siamo convinti che il modello fin oggi adottato sia utile a fare emergere il sommerso e migliorare il percorso diagnostico e terapeutico del paziente con infezione da HCV”, spiega il Direttore dell’Unità di Epatologia Ernesto Claar, che aggiunge “I dati emersi dai primi 10 mesi di valutazione ci consentono di delineare la situazione epidemiologica, in termini di Epatite C, nel territorio di nostra competenza e rafforzano la consapevolezza di aver messo in essere un percorso di cura virtuoso.” Questa esperienza si aggiunge a tutti gli sforzi messi in essere dalla Regione Campania e dall’ ASL Napoli 1 Centro per affrontare le piaghe dell’epatite C, della Cirrosi Epatica e
dell’Epatocarcinoma.

Da Gennaio 2020 tutti i pazienti ricoverati (ordinario, day hospital, day surgery, preospedalizzazione) presso l’Ospedale Evangelico Betania vengono sottoposti a screening per HCV Ab ed il laboratorio analisi redige giornalmente un report consegnato all’Unità Operativa di Epatologia. Una volta verificata la positività agli anticorpi, gli specialisti epatologi dell’Unità Operativa coordinati dal dott. Claar prendono in carico il paziente avviandolo, dove opportuno, ad esami di secondo livello e, quando necessario, alla terapia antivirale. Dei 309 pazienti risultati positivi al test di primo livello, solamente 160 hanno avuto la possibilità di completare la valutazione diagnostica risultando in 1/3 dei casi RNA positivi quindi con infezione attiva e sottoposti a terapia. Gli altri 149 pazienti condizionati dalle “limitazioni” dovute alla pandemia Covid non sono stati in grado di terminare l’iter diagnostico e terapeutico.

“Abbiamo verificato che molti degli sforzi fatti per prendere in carico i pazienti anti HCV + post dimissione confliggono con la difficoltà di praticare esami di secondo livello così come dimostrato da altre esperienze anche internazionali. Per risolvere le difficoltà, semplificare e velocizzare il percorso di cura ci proponiamo, dal prossimo gennaio, grazie al contributo non condizionante di Gilead, di effettuare l’analisi dell’HCV RNA a tutti i pazienti anti HCV+ quando questi sono ancora in regime di ricovero. In attesa che lo screening gratuito nazionale, decretato dalla legge 8/20, rivolto a tutti i nati tra il 1969 ed il 1989 nonché a tutti i soggetti seguiti dai SERD ed ai detenuti, dia i suoi frutti, contiamo che il modello da noi adottato contribuisca a ridurre la circolazione del virus HCV e riduca le complicanze della malattia epatica in termini di cirrosi ed Epatocarcinoma”, conclude Claar.


Articolo pubblicato il giorno 29 Dicembre 2020 - 13:43


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