Il giro di affari dei vestiti dati in beneficenza: il business in mano alla camorra. Le Iene scoprono le illegalità

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Ci sarebbe una truffa sui vestiti dati in beneficenza sull’asse Sant’Anastasia ed una azienda casertana scoperta dalle Iene che ha mandato in onda l’altra sera un dettagliato servizio di Luigi Pelazza. Vestiti che per le aziende che li raccolgono portano un guadagno di oltre il 1.000% al chilo. Un giro d’affari che, secondo il presidente della commissione ecomafie Stefano Vignaroli, si aggirerebbe sui 200 milioni di euro all’anno.
Giro d’affari creato attorno ai vestiti usati, capi che andrebbero recapitati alle famiglie bisognose ma a quanto pare sarebbe così. Tutto parte da qui cassonetti gialli rintracciabili, da nord a sud, in più o meno tutte le città, e che si pensa siano di proprietà della Caritas. In realtà questi contenitori non sono di loro competenza, appartengono a cooperative sociali o aziende private che mettono il logo della Caritas ma le restituiscono solo una piccola percentuale dei loro guadagni. I vestiti che buttiamo non vengono quindi distribuiti gratuitamente; al contrario. Vengono rivenduti creando, così, un vero e proprio giro d’affari.

Pelazza ha inserito un gps in una borsa poi depositata in uno di quei cassonetti gialli usate nei vari comuni per il ritiro degli indumenti usati, ne è conseguito che gli addetti caricano i vestiti su un camion per poi portarli nei magazzini della cooperativa di un comune vicino Milano. Qui rimangono tre giorni per poi ripartire in direzione Sant’Anastasia, Napoli, dove restano per quattro settimane, prima di ripartire verso Maddaloni, in provincia di Caserta, nell’azienda dei F.lli Esposito, realtà imprenditoriale che si occupa della gestione degli indumenti usati che poi rivende in diverse parti del mondo.
I vestiti- come è stato spiegato nel servizio de Le Iene- vengono comprati dalle cooperative che si muovono insieme alla Caritas e vengono rivenduti al chilo non a pezzo, come si dovrebbe fare. Tali indumenti vengono acquistati a quaranta centesimi al chilo per poi essere rivenduti dai tre ai cinque euro al chilo, a seconda della qualità dei vestiti che compongono quel chilo, perché tra i capi usati ci sono anche indumenti quasi nuovi.

Stando a quanto sostiene la Direzione investigativa antimafia, come spiega sempre il servizio de Le Iene “parte di quei soldi finiscono per alimentare le organizzazioni criminali, prima tra tutte la camorra. Questo perché quelle stesse aziende che trafficano in vestiti usati risulterebbero legate alla camorra”. E Luigi Pelazza, in un altro magazzino, ha scoperto che sui vestiti non viene neanche eseguita una vera e propria igienizzazione, come invece vorrebbe la legge.



     


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