Afragola – “Martina è morta per mano della violenza. Per mano di un ragazzo che non ha saputo accettare un rifiuto, un limite, una libertà. Ha tolto il futuro non solo a lei, ma anche a sé stesso. Martina è morta per un’idea malata dell’amore, ancora troppo diffusa, troppo tollerata, troppo silenziosa”.
Le parole di monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, hanno risuonato forti e dolorose durante l’omelia per i funerali di Martina Carbonaro, la 14enne uccisa dal suo ex fidanzato, Alessio Tucci, 18 anni, reo confesso del delitto.
Nella basilica di Afragola, gremita di familiari, amici e cittadini scossi dall’orrore del femminicidio, l’arcivescovo ha dipinto il ritratto di una ragazza spezzata nel pieno della vita: “Martina aveva 14 anni. Un’età che profuma di futuro, di sogni, di primi battiti d’amore, di scoperte lente e dolci. Invece oggi siamo qui a piangere, con la sua mamma, il suo papà, la sua famiglia e un’intera comunità spezzata e incredula”.
“La morte di Martina – ha proseguito – è una ferita che urla, che toglie il fiato, che chiede giustizia, ma soprattutto reclama consolazione. A chi oggi è travolto dal dolore, Gesù sussurra: ‘Non è finita. La vita non finisce. Martina dorme. E sarà svegliata’. Perché la morte non ha l’ultima parola. La parola definitiva è quella dell’amore, della vita, della resurrezione”.
Poi, rivolgendosi ai genitori, il cardinale ha detto: “Cara mamma Fiorenza, caro papà Marcello, so bene che le parole oggi non bastano. Ma vi dico che nel dolore più grande, nell’abisso più buio, Dio non si ritrae. Non vi lascia. Così come non ha lasciato Martina, che oggi è custodita nel suo cuore, dove nessuna violenza potrà più raggiungerla”.
All’esterno della basilica, intanto, si sono registrati momenti di forte commozione e tensione. Migliaia di persone hanno seguito la cerimonia da un maxischermo installato nel piazzale. Cori, lacrime e applausi hanno accompagnato l’uscita del feretro. “Sei la figlia di tutti noi”, “Giustizia per Martina”, ha urlato la folla, mentre si levavano anche insulti e rabbia verso l’assassino.
La tragedia di Martina Carbonaro ha scosso l’intero Paese, diventando simbolo di una violenza che continua a colpire le più giovani, troppo spesso nel silenzio. “Oggi – ha concluso Battaglia – non possiamo cancellare il dolore, ma possiamo custodirlo in una speranza più grande. Martina vive. Vive nel cuore di Dio e nella memoria viva di una comunità che deve dire basta, con forza, alla cultura del possesso e dell’annientamento”.
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