Il processo sulla morte di Diego Armando Maradona si trasforma in un cortocircuito mediatico e giudiziario che rischia di far saltare tutto. A San Isidro, provincia di Buenos Aires, dove da due mesi è in corso il procedimento contro i sette operatori sanitari accusati di aver contribuito alla morte del Pibe de Oro per “omicidio con dolo eventuale”, la giudice Julieta Makintach ha lasciato l’incarico in seguito a un clamoroso colpo di scena: è apparsa nel trailer di un documentario dedicato proprio al caso, intitolato Divine Justice.
L’incredibile episodio è emerso in aula quando il pubblico ministero Patricio Ferrari, furioso, ha mostrato alla corte il video incriminato, accusando la giudice di essersi comportata «più da attrice che da giudice». Di fronte alla valanga di critiche, Makintach, 47 anni, ha rassegnato le dimissioni affermando di non avere “altra scelta”. Ma il danno ormai è fatto: la credibilità del processo vacilla e l’intero impianto rischia di crollare.
L’avvocato Mario Baudry, legale di Veronica Ojeda, ex compagna di Maradona, è stato netto: «Il processo è compromesso. Bisogna ricominciare da capo». La richiesta di azzeramento potrebbe ora riaprire mesi di udienze e oltre cento testimoni già convocati. Sul banco degli imputati restano il neurochirurgo Leopoldo Luque, ex medico personale del campione argentino, e sei membri dello staff sanitario.
L’accusa è durissima: aver gestito in modo “sconsiderato, carente e senza precedenti” la salute di Maradona, morto nel novembre 2020 per un arresto cardiaco e un edema polmonare mentre si stava riprendendo da un’operazione al cervello. La difesa respinge ogni addebito, sostenendo che Maradona – da sempre refrattario alle regole e ai medici – avrebbe rifiutato le cure e deciso di tornare a casa contro il parere dei sanitari. Sarà ora la giustizia argentina a decidere se far ripartire tutto daccapo o provare a salvare un processo che già prometteva di entrare nella storia, e che ora rischia di diventare un’incredibile farsa.
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