Allarme del Pg Luigi Riello: “Camorra minorile e reati in aumento, Napoli caso nazionale”

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Napoli è un caso nazionale per l’aumento dei reati e per la criminalità minorile. E’ l’unica città d’Europa, forse del mondo, in cui “si può diventare un boss a 18 anni, in cui si possono compiere delitti efferati tra 15 e 18 anni e dove a 14 anni puoi essere un pusher”.

Lo ha detto il procuratore generale di Napoli Luigi Riello, intervenuto oggi, insieme con il presidente della Corte di Appello Giuseppe de Carolis di Prossedi, alla conferenza stampa di presentazione dell’anno giudiziario 2022 che si terrà sabato 22 gennaio. La criminalità minorile all’ombra del Vesuvio e la preoccupante situazione criminale e dei processi fanno di Napoli un caso unico in Italia per il quale occorre un intervento da parte dello Stato. Processi triplicati, dilangante criminalità minorile, il tentativo di infiltrazione nei grandi appalti in vista dell’arrivo dei fondi Pnrr: sono solo alcuni dei temi trattati dal procuratore generale Riello nel corso del suo intervento.

Criminalità minorile. “A tredici anni, in alcune realtà degradate del capoluogo e della sua popolosa provincia, si seguono modelli di vita ispirati al boss del quartiere” ha detto Riello, puntando il dito contro le crescenti aggressioni registrate, tra 14enni, frutto, “di una navigazione incontrollata sul web caratterizzata da accesso senza filtri a siti che incitano all’odio e alla violenza. Giochi violenti che invitano anche all’autolesionismo”. Insieme con de Carolis, Riello ha voluto ricordare che anche il Parlamento Europeo – grazie al compianto presidente David Sassoli – ha approvato norme per tutelare minori dallo sfruttamento, degli abusi sessuali e dall’uso distorto di chat, messaggistica e social. Il procuratore ha sottolineato che, da sole, la repressione e l’abbassamento dell’età imputabile, non bastano a fronteggiare l’emergenza, il sottosviluppo e la dispersione scolastica. Piuttosto bisogno avviare, da parte della politica, una bonifica sociale, interagendo con le altre componenti dello Stato: “Ognuno faccia la sua parte – ha spiegato Riello – non bastano manette e processi. Servono lavoro e alternative per i giovani delle periferie degradate”. In sostanza, mandarli semplicemente in carcere, significa dargli la possibilità di prendere “un master in criminalità. Serve una rieducazione alla quale deve concorrere la magistratura ma anche la politica, proponendo alternative efficaci. “Ma – ha concluso Riello – dobbiamo anche reprimere e condannare”, quando ci si trova difronte a una condotta criminale reiterata. “Si perdona troppo e il minorenne che ha commesso il primo o secondo furto spesso viene restituito alla famiglia che magari lo ha mandato a fare il furto o a spacciare. Il minorenne che fa un furto o uno scippo per strada va portato a scuola” ha sottolineato Riello.



    Fondi Pnrr e rischio infiltrazioni. “Dobbiamo attrezzarci in vista dell’arrivo della torta, cioè i fondi del Pnrr. Bisogna evitare la polverizzazione delle inchieste tra le varie Procure e ‘distrettualizzare’ i reati in modo da avere una cabina di regia pronta ad affrontare e aggredire la criminalità organizzata”. Ha detto Luigi Riello, ricordando l’incontro che si è tenuto ieri in Prefettura a Napoli con il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, in occasione del quale è stato firmato un accordo integrato sulla sicurezza in città. “Abbiamo parlato anche dell’aspetto dell’assalto alla diligenza da parte della camorra – ha aggiunto Riello – appuntamento al quale noi non possiamo arrivare impreparati”. “Il procuratore Melillo, con il mio assoluto accordo, ha puntato la sua attenzione su due aspetti – ha spiegato Riello -. Il primo è quello di prepararci in tempo, il secondo è quello di non ripetere quello che molti anni fa avvenne con il terremoto del 1980, cioè l’impreparazione a quel fatto e la polverizzazione tra le varie Procure delle inchieste relative ai fondi. Sarà opportuno, l’abbiamo già detto al ministro dell’Interno e lo diremo anche al ministro della Giustizia, ‘distrettualizzare’ i reati in modo da avere una cabina di regia che sia pronta ad affrontare e ad aggredire la criminalità organizzata, che ha ovviamente evidentemente degli appetiti incredibilmente forti e famelici nei confronti di questa torta”.

    Riello ha spiegato le mutazioni della crimilinalità organizzata: “Parliamo sempre di una nuova camorra che è entrata nella finanza, nelle banche e nell’economia, ma questa dimensione imprenditoriale della camorra si è accentuata. La camorra è sempre più preparata e non possiamo più nemmeno parlare in molti casi di commistioni, ma di cartelli mafiosi con figure imprenditoriali al vertice. E’ una camorra, non in veste parassitaria o collusa con ambienti imprenditoriali, ma con figure imprenditoriali di insospettabili al vertice dell’impresa mafiosa o camorristica. E’ un dato grave con cui ci dobbiamo misurare”, ha detto Riello.

    La criminalità a Napoli: caso nazionale. “Napoli è un caso nazionale, dovrebbe essere dichiarata un caso nazionale per la sua unicità rispetto a Roma, Milano, Palermo, Reggio Calabria. Gli omicidi che avvengono a Napoli non ci sono da nessuna parte”. Ha ribadito Riello durante la conferenza stampa di stamane, anticipando i temi che verranno esposti sabato a Castel Capuano. “Il numero di clan che si dividono la città, la provincia e il territorio del distretto non ha pari in Italia – ribadisce Riello -. Siamo costretti a dire sempre le stesse cose, sicuramente un aumento tendenziale dei reati. Discorso degli organici è fondamentale, della proporzione tra il numero di pm e di gip che è assolutamente inadeguato soprattutto a Napoli dove c’è anche il gip distrettuale antimafia”.

    Il pg di Napoli incalza: “Registriamo dei tempi francamente inaccettabili, non per il fatto che i magistrati siano degli scansafatiche, ma ci sono delle ordinanze di custodia cautelare che vengono emesse dopo circa 2 anni dalla richiesta della procura. È un fatto dirompente che non può essere più sopportato. Il numero di gip dev’essere almeno triplicato”.

    Il procuratore generale ha illustrato quali sono i reati che registrano un aumento sostanziale nel 2021: “A Napoli sono aumentati gli attentati, gli omicidio volontari, i tentati, i colposi e gli stradali. Sono aumentate le lesioni volontarie e le violenze sessuali, le associazioni per delinquere e di stampo mafioso e reati informatici anche se si è registrata una diminuzione dei reati di ricettazione e di riciclaggio”.

    Per quello che concerne invece i reati contro la pubblica amministrazione, a Napoli, dall’inizio 2021 a fine ottobre 2021, quindi in 10 mesi, sono state eseguite 32 misure cautelare per questa tipologia di crimine; 1115 sono stati i processi che in 196 casi si sono tradotti in misure reali. Maggiore attenzione, in questo settore, da parte di tutte le procure del distretto della Corte di Appello di Napoli, è stata riservata al settore sanitario, diventato particolarmente vulnerabile a causa della pandemia. Riello, insieme con de Carolis, ha ricordato l’arresto di tre medici e due legali rappresentanti convenzionati con Asl Napoli 1 “che hanno lucrato su questa emergenza sanitaria. Abbiamo registrato, a Napoli in particolare molte truffe su reddito di cittadinanza (nel 2020 sono stati 174 i procedimenti, lievitati a 589 nel 2021). Cresciuta anche la violenza sulle donne, con 4026 procedimenti, anche se, hanno sottolineato il procuratore generale e il presidente della Corte di Appello, “la legge sul codice rosso, con i suoi tempi molto stringenti, forse troppo, ha dato uno scossone e prodotto frutti”. Forte attenzione da parte dei procuratori e’ stata riservata anche per i reati connessi allo smaltimento dei rifiuti nei confronti dei cosiddetti tombaroli, in particolare nella zona torrese-stabiese, dove, ha detto Riello, “sono emersi beni di inestimabile valore a cui, oltre che alla soprintendenza, è interessata anche la criminalità”.

    Gli altarini della camorra e i don Abbondio asserviti ai boss. “Bisogna creare un cordone culturale attorno alla camorra e anche i parroci devono essere uomini di fegato. Via i don Abbondio, perché se mettiamo i don Abbondio nelle parrocchie continueremo a vedere lo sconcio di mani grondanti di sangue che danno offerte che alcuni accettano – ha spiegato Luigi Riello -. Quando parliamo di tagliare i fili culturali con la camorra penso soprattutto alla chiesa. Abbiamo un arcivescovo che ha iniziato direi molto bene il suo ministero qui a Napoli con un atto di alta significatività: la rimozione da una chiesa di Marano di 3 quadri di valore che erano lì da 30 anni, con tanto di targa a ricordare ‘Dono di Lorenzo Nuvoletta’. In don Mimmo possiamo avere un interlocutore forte e credibile per la semplice ragione che l’anatema della Chiesa non è qualcosa che di per sé sconfigge la camorra, ma è certo che i camorristi sono, come i mafiosi, molto vicini alla chiesa, vanno in chiesa, portano i santi patroni, donano chi sa cosa alle chiese, si avvicinano ai sacramenti. Questa gente deve uscire dalle chiese, non si può entrare in chiesa con in una mano una pistola e nell’altra il rosario. A queste persone va tolta autorevolezza”. Ecco perché, secondo Riello, “anche i parroci in Campania devono essere uomini di fegato. Via i don Abbondio. Con questo arcivescovo, e con i tanti sacerdoti che già operano da anni con grande coraggio e incisività nell’associazionismo sia laico che cattolico, penso che potremo fare un grande balzo in avanti in questo settore”.


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