Uccise Elisa Pomarelli, solo 20 anni al Rambo di Piacenza

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Uccise e gettò il corpo di Elisa Pomarelli tra le colline di Piacenza, poi si nascose ai carabinieri: venti anni di reclusione per Massimo Sebastiani, ma la famiglia della ragazza protesta.

Una condanna con rito abbreviato che la famiglia giudica troppo lieve per un femminicidio che fece molto scalpore alla fine agosto del 2019.

Sebastiani strangolò Elisa, l’amica del cuore, nascose il corpo tra i boschi e poi per due settimane visse sulle colline cercando di sfuggire ai carabinieri.

Elisa Pomarelli, 28enne di Piacenza, sparita nel nulla proprio insieme a Sebastiani, alla fine di agosto, fu trovata senza vita dopo lunghe ricerche. Il 47enne fu catturato dalle forze dell’ordine in un cascinale ai primi di settembre di due anni fa, aveva vissuto per giorni all’addiaccio dopo aver ucciso Elisa, della quale si era invaghito ma che non corrispondeva i suoi sentimenti.

La giovane era stata strangolata nel pollaio della casa dello stesso Sebastiani dopo un litigio, e il suo cadavere era stato abbandonato in mezzo ai boschi e gettato in un cumulo di vegetazione in fondo a una scarpata dove venne rinvenuto qualche tempo dopo.

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“Sebastiani avrebbe meritato l’ergastolo, la giusta pena era questa. Non mi avrebbe tolto il dolore che c’è sempre ma comunque vent’anni sono pochi. Questa non è giustizia” ha detto Debora, sorella della vittima, fuori dal tribunale di Piacenza dopo la lettura della sentenza.

Condanna all’ergastolo per un altro femminicidio

Il processo, durato alcuni mesi, è stato celebrato con il rito abbreviato che prevede uno sconto sulla pena. In contemporanea, sempre nello stesso tribunale, è arrivata anche un’altra sentenza, sempre per un femminicidio.

In questo caso però, davanti a una corte di Assise, la sentenza è stata di ergastolo. Il fine pena mai e’ stato deciso per Abdelkrim Foukahi, marocchino, che nel maggio del 2019 aveva brutalmente ucciso in casa a coltellate la moglie Damia El Essali, cercando poi anche lui di scappare insieme ai figli piccoli. Anche in questo processo, cosi’ come in quello di Sebastiani, tra le parti civili figurava, oltre alla famiglia, anche il centro antiviolenza “La citta’ delle donne, telefono rosa Piacenza”.

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