Vaccini nelle scuole, l’esercito dei ‘precari’ campani escluso da Lazio, Emilia-Romagna e Lombardia

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Vaccini al personale scolastico: i precari campani restano fuori dall’Italia, siero negato in Lazio, Emilia-Romagna e Lombardia.

Figli di un’Italia ‘minore’ l’esercito di docenti e personale Ata della Campania che ogni giorno attraversa lo Stivale per una supplenza di poche centinaia di euro e il desiderio di un lavoro stabile. Notti insonni nei mezzi di trasporto per il miraggio del punteggio e per risalire una graduatoria nella quale si è sempre ultimi e oggi anche la beffa di un vaccino che non potranno avere. Una situazione che ha dell’assurdo quella che in questi giorni, migliaia di precari – docenti e personale scolastico, in gran parte pendolari – stanno vivendo.

Il sistema adottato da diverse regioni, in particolar modo, Lazio e Emilia-Romagna e Lombardia, di affidare le vaccinazioni ai medici di base esclude di fatto coloro che non hanno – per ovvi motivi – un proprio medico temporaneo nella regione in cui lavorano. Sono burocraticamente fuori dal sistema di somministrazione del vaccino in quanto la Campania ha affidato la campagna vaccinale del personale scolastico ai datori di lavoro, quindi alle scuole, che raccolgono le adesioni e dunque possono inserire nelle liste di attesa solo coloro che sono impiegati nella propria regione, siano essi residenti o meno. Una lotta all’ultimo vaccino, quella che le Regioni italiane stanno attuando. Ma la corsa contro il tempo per l’immunizzazione si infrange contro il sistema. Un sistema che di fatto esclude quelli costretti ad ’emigrare’ ogni giorno per una supplenza in altre regioni e chi fa la spola ogni giorno con il Lazio, la regione più facilmente accessibile, senza volersi stabilire, oppure risale a Nord verso Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto dove la ‘manovalanza’ scolastica’ da anni salva il mondo della scuola dalla débacle.

“I lavoratori sono rimasti burocraticamente bloccati tra due regioni e di conseguenza esclusi dalle rispettive vaccinazioni, senza alcuna motivazione ragionevole – ha sottolineato Leda Tonziello, docente portavoce degli insegnanti attivi nel Lazio -. Migliaia di persone sono state praticamente estromesse dalla immunizzazioni, poiché non lavorando in Campania non possono accedere alla vaccinazione regionale. Gli stessi, non vengono accolti neppure nel Lazio, perché la Regione ha deciso di convocare il personale scolastico attraverso i medici di famiglia, e non avendo il domicilio sanitario restano difatti “fuori””.
Una situazione che coinvolge tantissimi lavoratori pendolari, molti dei quali provenienti dalla provincia di Caserta. “Purtroppo, la comunicazione del Ministero dell’Istruzione nulla chiarisce a riguardo. Fino ad ora abbiamo scritto a tutti, le richieste sono state inoltrate sia alla Regione Campania che alla Regione Lazio, ci siamo rivolti anche al direttore generale Rocco Pinneri, per avere chiarimenti e la tanto attesa soluzione, ma nulla!”. Ha detto la portavoce dei docenti. “È doveroso far notare che i docenti pendolari, devono fare i conti quotidianamente con il rischio del contagio, a causa dei treni sempre pieni e delle ore di attesa trascorse nelle stazioni affollate. Situazioni di estremo pericolo per le quali non bastano le mascherine e un po’ di igienizzante”. “Sono tempi difficili – ha concluso la docente. – Noi chiediamo solo di lavorare in sicurezza, non possiamo rischiare la vita, né creare pericolo per la vita degli altri”.

La situazione è paradossale. Le storie degli ‘esclusi’ sono migliaia. Emblematico il caso di Alfonso, originario della provincia di Salerno, impegnato in politica e nel sociale lavora in una scuola di Bologna. “Faccio parte di quell’esercito di ‘vacanzieri’ che parte dal Sud per lavorare un giorno a settimana, sei ore, – dice – conosco centinaia di persone che fanno la mia stessa vita. Li incontro di notte sui treni, nelle stazioni, l’80 per cento sono donne, mamme, che si spostano anche per una supplenza di poche ore dalla Campania in tutta l’Emilia Romagna, ma anche in Piemonte, in Lombardia. L’Emilia Romagna è piena di campani”. Il disagio vissuto per anni, oggi diventa rabbia. “Siamo tra i lavoratori più a rischio e siamo esclusi dalla campagna di vaccinazione. Non abbiamo un medico temporaneo in Emilia e la Campania vaccina solo il personale assunto nella propria regione perchè la gestione è affidata alle scuole”. In mezzo ci sono loro: gli esclusi. Alfonso non è l’unico della sua famiglia che deve affrontare ogni giorno il precariato. “Mia figlia, laureata in Economia e commercio, ha una supplenza come insegnante di sostegno in un paesino vicino Valmontone, 4 ore di viaggio, ogni giorno partendo dalla provincia di Salerno”. E il vaccino? “Non potrà farlo – dice – la Regione Lazio gestisce le vaccinazioni attraverso i medici di base e naturalmente un pendolare non può rimanere senza assistenza sanitaria nel suo luogo abituale di residenza. Tra l’altro, lei lavora con soggetti deboli e vaccinarsi sarebbe fondamentale”.



    Ma Alfonso non è il solo che in questi giorni cerca di capire come aderire alla campagna di immunizzazione. Anche Raffaella Casciello, giovane scafatese, docente in una scuola romana, si è imbattuta nel virus della burocrazia. “Nonostante la scuola sia organizzata al meglio per garantire la sicurezza sia del personale scolastico che degli alunni, c’è un problema burocratico che ci impedisce di vaccinarci, pur rientrando tra le categorie a rischio. Chi non ha un medico di base temporaneo non può prenotarsi, è in corso una trattativa tra Flc Cgil e la Regione Lazio per risolvere il problema, speriamo si riesca a trovare una soluzione. La riforma del titolo V (l’autonomia delle regioni, ndr) per Sanità e Istruzione sta creando un corto circuito che penalizza soprattutto i precari” dice Raffaella Casciello. E poi c’è il rischio che proprio i pendolari diventino veicolo di contagio perchè naturalmente sono esposti più di altri. “Nel Lazio lavorano moltissimi campani, il rischio contagio nelle scuole è minimo perchè vengono rispettati gli standard di sicurezza, ma il pendolarismo non può garantire gli stessi standard”. Ma non sono solo Emilia-Romagna e Lazio a far pagare il peso della burocrazia ai più penalizzati. “In Lombardia sta accadendo la stessa cosa – dice Raffaella Casciello -. Un mio amico, supplente amministrativo nel milanese, fa il pendolare tra Scafati e Milano pochi giorni a settimana. Non avrà diritto al vaccino. Fino a quando non avremo contratti a tempo indeterminato, non saremo mai tutelati”.
    Rosaria Federico


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