‘Mare nostrum lacrime, amplexibus’, la personale di Mario Acanfora a Somma Vesuviana

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Approda a Somma Vesuviana “Mare nostrum lacrime, amplexibus”, la personale di Mario Acanfora al Teatro Summarte in via Roma 15. Vernissage domenica 5 gennaio 2020 alle ore 17.
Quello di Acanfora è un racconto artistico la cui trama si fonda proprio sul “movimento” dell’uomo e le sue conseguenze, in qualità di azione necessaria che deriva dall’istinto ramingo dei progenitori.
“Migrare – secondo l’artista safatese – non è un dato biologico ma un atto esistenziale e politico, il cui diritto (Ius migrandi) deve essere ancora riconosciuto.
Il titolo della personale, “Mare nostrum lacrime, amplexibus”, nasce dalla lettura delle poesie di Erri De Luca da “Solo andata” (un poema tragico che racconta il drammatico viaggio di un gruppo di emigranti clandestini) e dall’esigenza di condividere un progetto urgente e doveroso che ha l’ambizione di raccontare il presente, la storia contemporanea, l’odissea dei migranti e le storie individuali e collettive dei viaggi dei nuovi dannati della Terra.
L’opera si snoda attraverso due tematiche: il viaggio e l’arrivo, le lacrime e gli abbracci. Le lacrime, versate per quanti sono partiti, partiti e mai arrivati, dispersi o annegati durante il viaggio. Gli abbracci, per quanti ce l’hanno fatta: arrivati nella speranza di un futuro nuovo e migliore, ma che non l’hanno trovato. La lacrima è metafora di dolore, di abbandono, di solitudine; gli abbracci, un gesto tenero, comune, rappresentato dalla piegatura a mano di elementi di ferro che con forza, trovano l’armonia in una torsione forzata. E proprio in questo materiale, in questa pratica, quell’abbraccio diventa una cosa difficile, rara, faticosa ma allo stesso tempo – una volta compiuto il gesto – insolubile ed eterno.
In questo ciclo di opere Acanfora compie uno sforzo artistico che va oltre la rappresentazione dei temi trattati. L’artista fa della “creazione” una pratica di riflessione, si “sporca le mani” e “tocca” quelle lacrime mentre le crea, le assembla, e solo quando le dita sono bagnate, trova il compimento della propria attività artistica. La narrazione visiva dello scafatese Acanfora è composta da ventuno opere le quali, attraverso una tecnica mista, intendono destare le coscienze e accompagnarle nella comprensione di eventi ormai quotidiani che erroneamente, anacronisticamente, vengono definiti fenomeno. Lacrime e abbracci, gesti quotidiani e naturali carichi di emozionalità, riflessi esterni del proprio stato d’animo, dei propri sentimenti.
Questo modo di intendere e di operare riecheggia in tutte le componenti delle opere di Acanfora. Le velature di blu e di azzurro che si sovrappongono e si fondono nella sua rappresentazione del mare, non sono acqua e non geografie, ma storia vissuta nei secoli. Le sue pennellate sono pagine scritte nel tempo che spesso raccontano eventi tragici ed è per questo motivo che il mare non è rappresentato ma “creato”, assaporando tutto ciò che concettualmente il mare vuole raccontarci.
Una certa “bellezza” che si ammira in quest’opera, non è altro che salsedine lasciata dalle onde sugli scogli. La vera bellezza di questo “viaggio” artistico giace nel fondo di quel mare, nelle tempeste, nei naufragi che sono come l’oblò di un sommergibile che ci dà la possibilità di capovolgere la poeticità con la quale siamo abituati a “guardare”, facendoci osservare – con occhi nuovi – la realtà dei fatti. Quelle pagine di storia, Mario Acanfora le interpreta e le rappresenta come un pescatore svuota le grandi reti al mattino presto, “vomitando” tutto ciò che il mare porta nel ventre. E se l’orizzonte delle opere ci sembra infinito è perché lì in fondo c’è la speranza, la forza di andare avanti, di impegnarsi per un mondo migliore. Mario Acanfora con la sua opera, ci indica la strada con l’esperienza di un vecchio capitano che ha saputo fissare a colpi di colore e fil di ferro le emozioni e i sentimenti, le reazioni e i ragionamenti di un desiderio ancestrale come quello del “movimento”.


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