Camorra, il boss e il gioielliere dei Vip. I pentiti: “Si può comprare tutto e tutti”.IL VIDEO

“E’ ricco, talmente ricco che non sa dove deve murare i suoi soldi. Si puo’ comprare tutto e tutti”. E’ questo il profilo che tratteggia Biagio Esposito, ex killer del clan Amato-Pagano di Secondigliano diventato collaboratore di giustizia, del suo ‘amico’ Antonio Lo Russo, per anni al vertice della camorra di Miano e anche lui, da pochi mesi, cosi’ come gli zii Salvatore, Carlo e Mario, pentitosi. E molto denaro, secondo Esposito, sarebbe servito per pagarsi una latitanza dorata che lo porto’ fino a Nizza, dove fu arrestato con il cugino Carlo detto Lelle’. Ma Antonio Lo Russo, oltre ad essere ricco, e’ un abile riciclatore. Ne sono convinti gli inquirenti, che al capoclan pentito hanno chiesto dove la cosca riuscire a guadagnare.

“Commercio del pane con imposizione dei nostri prodotti, appalti per le pulizie negli ospedali”, la risposta, reinvestendo in “gioiellerie, imprese intestate a terzi, centri scommesse”. Ed e’ proprio su quest’ultimo aspetto che si stanno concentrato le indagini. Antonio Lo Russo del resto sale alla ribalta delle cronache per essere stato immortalato in una foto a bordo campo nello stadio San Paolo di Napoli, durante la partita che il Napoli disputo’ con il Parma nel campionato 2009-2010 e che gli azzurri persero per 2 gol a 3. Il boss entro’ in quell’area riservata come addetto alla cura del prato e la foto fece il giro d’Italia qualche anno dopo e anche delle stanze della Procura di Napoli. Si ipotizzarono pressioni da parte della camorra su qualche giocatore per far perdere il Napoli, ma le prove non sono state mai trovate anche se adesso, con il suo pentimento, potrebbero aprirsi nuovi scenari investigativi. Antonio Lo Russo e’ stato a capo del clan prima della scarcerazione dei suoi zii Mario, arrestato poi per tentato omicidio, e Carlo, in carcere per l’agguato contro Pasquale Izzi, e pochi giorni fa raggiunto da un’ordinanza per essere il mandante dell’omicidio contro Genny Cesarano, il 17enne ucciso per errore in piazza Sanita’ a Napoli.

Secondo gli investigatori, Scognamiglio si sarebbe reso disponibile anche ad accompagnare affiliati del clan Lo Russo, detto dei “Capitoni”, dal boss che si nascondeva nella sua abitazione. La moglie di Antonio Lo Russo avrebbe anche soggiornato per un periodo in quell’ appartamento di via Chiaia, insieme con il marito. Il periodo di latitanza è quello che va dal maggio del 2010 – quando Antonio Lo Russo, destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, riuscì a sfuggire alla cattura – fino all’estate dello stesso anno, durante la quale il boss “tifoso” fuggì all’estero. E’ stato proprio Antonio Lo Russo a fare luce su quel periodo, riferendo agli inquirenti anche i nomi di chi lo aiutò a nascondersi. Oltre a quelli di alcuni affiliati al clan, Antonio Lo Russo ha anche parlato degli aiuti ricevuti dal gioielliere Luigi Scognamiglio, detto “Gigino Elite”, suo vecchio amico. Le dichiarazioni del boss “tifoso” sono state confermate dalla moglie, Anna Gargano, agli arresti domiciliari per estorsione nell’ambito di una inchiesta sull’imposizione del pane della camorra ai commercianti. Anna Gargano ha riferito di avere incontrato più volte il marito nell’abitazione di “Gigino Elite” che ha definito “uno degli amici puliti di Tonino”. Il gioielliere, incensurato, originario della zona di Miano di Napoli, nel corso degli anni ha spostato la sua residenza nella zona di Posillipo e la sua attività commerciale nelle zone Chiaia e Vomero, dove ha diversi negozi. Anche altri collaboratori di giustizia del clan Amato-Pagano, gruppo al quale Antonio Lo Russo era legato non solo da affari relativi agli stupefacenti ma anche perché Cesare Pagano era stato suo compare di nozze, avevano indicato lo Luigi Scognamiglio come una delle persone che avevano favorito la latitanza del boss.

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